adulti ancora a scuola

“Un dio nero un diavolo bianco”

1° dicembre ’23

Grazie Luca, hai aperto una finestra sul mondo della cinematografia come analisi della storia.
Certo analisi è un termine linguistico, ma soprattutto matematico ed in questo caso un termine psichiatrico dato che l’umanità è malata … 

Stasera ho avuto l’impressione di rientrare nel passato, il clima era caldo umido, il cielo nuvoloso, prossimo a riprendere le piogge. Il luogo della presentazione è un posto per me ormai insolito. Ma nella mia mente era un appuntamento, anche questo legato al passato, per rivedere come fosse col passar degli anni cresciuto un allievo di inclassemia, Luca.
Oggi è un dottore di storia del cinema, un ricercatore ed anche un giovane e disinvolto oratore, che porge il suo sapere con molta attenzione alle parole e alla espressione, anche per riguardo a chi ode, affinché il linguaggio sia chiaro per loro e non sia un progetto di narcisismo personale.
La sala in cui l’amica che era con me ed io siamo entrati è vintage, eppure Luca non lo è. Quando vai ad incontrare una persona che non vedi da 24-25 anni puoi aspettarti di non riconoscerlo: me lo indica un amico e quando Luca si volta: l’hai in mente come ti sembra piccolo il banchino al quale sedevi all’asilo? Ecco stasera proprio al contrario! Lo avevo perso di vista preadolescente ed esile, me lo ritrovo di fronte alto e robusto, un po’ in pancia, ma il viso è rimasto il suo, sereno con gli occhi espressione di sicurezza. Non è poesia. Non capita spesso ad un prof di scuola media di rivedere confidenzialmente un alunno dopo tre decenni. “Adesso posso darti del tu, no?”
Un film che non è stato mai girato.
Anche l’argomento viene dal passato e … serve a chiarire le zone grigie del presente. Poi non si è detto, ma è il concetto di popolo che è in discussione stasera.
La sala è quella di una “casa del popolo” sopravvissuta alla decimazione della compagnitudine di ispirazione marxista e socialista.
Ma c’è ancora il concetto di popolo tra la gente oggi, tra noi? Me lo sono domandato.
Nei decenni sono pressoché sparite le “case del popolo”, in Italia, con l’affermarsi della propaganda per la nazione, e poi della patria e dell’inno nazionale. E lo scivolio verso la zona grigia si allarga a macchia d’olio.
Un progetto interclassista che mira a confondere le differenze di classe o di ceto, a nascondere o a rinnegare la memoria storica.
E il fatto che scompaiano le case del popolo può essere la conferma che il concetto di popolo non sia “vincente”, o che la gente si vergogni ad essere popolo. E che comunque non si leghi automaticamente a concetto di nazione, tanto meno a quello di governo.
Un esempio attuale: “solidarietà per popolo palestinese” la dichiarano anche quelli che hanno continuato ad appoggiare il colonialismo e l’imperialismo dei governi d’Israele, apertamente ostili a lasciare una terra nazione al popolo dei palestinesi.
Gli invasori, i colonialisti, gli imperialisti.
Imperialismo e colonialismo non sono disposti, racconta la Storia, a lasciar posto agli altri: così gli antisemiti non furono disposti a lasciar posto agli ebrei sulla Terra: ghetti, leggi raziali e poi eliminazione fisica, genocidio. Stessa filosofia pratica ha colpito i nativi d’America e d’Australia che oggi, come rimasuglio, scontano il loro essere popolo nelle riserve. Per non parlare del popolo Saharawi. E questa sorte tocca anche al popolo palestinese. Ma è successo e succede ancora altrove e ci vorrebbero pagine per quell’elenco.
Insomma, la parola popolo è un po’ che perde acqua.
Eppure, stasera sono stato in una casa del popolo ad ascoltare Luca, storico del cinema, intervistato da un interlocutore serio e prudente.
Un film che non è stato mai girato.
Luca Peretti ha raccontato Un dio nero e un diavolo bianco – Storia di un film non fatto tra Algeria, Eni e Sartre, edito nella collana “ricerche Marsilio”.

La conferenza è sta organizzata dalle persone che in associazione conducono quella casa del popolo e producono solidarietà nel vicinato ed anche internazionale, autofinanziandosi. Per loro il concetto di popolo resiste. L’abbiamo visto emergere storicamente anche dalle parole di Luca sul libro. La lotta per l’indipendenza dell’Algeria (1 novembre 1954 – 19 marzo 1962) dalla occupazione coloniale francese.
Quelli della casa del popolo, attualmente, sostengono ogni mese la raccolta di generi alimentari per 50 famiglie in difficoltà nella zona, inoltre hanno spedito una somma in euro non indifferente direttamente alla Mezza Luna palestinese (=il corrispettivo arabo della Croce Rossa) per la cura del popolo di Gaza, assediato dall’esercito israeliano come ritorsione per l’attacco armato e crudele e mirato di Hamas verso la popolazione nei territori sui quali si sono insediati i “coloni” israeliani. Insomma, dove attualmente c’è l’ennesima guerra israelo-palestinese o viceversa.
È utile ricordare che questa questione è una delle zone grigie della Storia, per cui parlarne è come stare sul filo del rasoio, puoi essere messo alla gogna poiché soltanto ne parli! Gli ultrà opposti possono maledirti perché hai parlato: cercare di squarciare un velo grigio deve rimanere tabù, secondo la filosofia del buonsenso, altrove spesso intesa come il politicamente corretto.
In questa riunione, era ammesso l’intervento da parte del pubblico antistante. Un paio di persone l’hanno fatto. E Luca ha risposto o chiosato gli argomenti. Con la serenità di chi è esperto nel campo della storia contemporanea, ancorché del cinema.
Non sono intervenuto, eppure sono stato il suo prof.! Mi è un po’ dispiaciuto, ma non è mio piacere divagare: è stata la presentazione di un libro, di una ricerca. Non avevo elementi per dialogare sull’opera non avendola letta (l’ho acquistata in sala a fine conferenza). Solo pochi giorni fa ho saputo di Luca e della presentazione alla casa del popolo di Verciano. Una cosa che ho inteso è che il libro mi racconterà della diversa collocazione geopolitica dei governi d’Italia tra il prima e il dopo la morte di Enrico Mattei, manager dell’ENI azienda di Stato (27 Ottobre 1962). Mi racconterà del terrorismo e dei metodi della ritorsione come lotta contro gli occupanti, i colonialisti, ma anche come metodo di oppressione. Nel suo intervento ha raccontato anche del cambiamento di valore semantico e politico della parola terrorista avvenuto con gli anni, in Italia momento e segno del cambiamento può essere la vicenda Moro, la sua uccisione da parte delle Brigate Rosse.
Ancora, mentre scrivo, sono curioso di sfogliare e leggere il libro. Per il blog adultiancoraascuola.eu posso soltanto riportare le prime frasi della introduzione al libro, spero che Luca lo apprezzi, nonostante non io paghi il fio.    “Questa è la storia di un film che non è mai esistito, almeno su pellicola, e dei suoi autori, che hanno attraversato la storia del Novecento. È anche la storia di una fase culturale e politica, del posizionamento geopolitico italiano durante la Guerra Fredda, del ruolo in questo scenario della più importante azienda di stato, del rapporto tra Algeria e Italia, di come si arriva a produrre La Battaglia di Algeri (Gillo Pontecorvo, 1966), uno dei film più visti e analizzati della storia del cinema.”

In auto, rientrando, ripensando alla parola popolo, mi sono visto davanti il filmino della sua evoluzione o cambiamento: la parola popolo è commutata troppo spesso in consumatori, clienti, da singolare collettivo a plurale generico. Mi è venuta in mente l’espressione “customer satisfaction” e un acquirente da soddisfare e da fidelizzare, un po’ come dovrebbero fare la propaganda ed i partiti politici.
Con l’affermarsi della visione individualista nella società dei consumi, si dialoga sempre meno per strada, nei negozi, nelle piazze, si ha meno la forza di concepirci come popolo (collettivo) promotore di diritti. E anche questo aspetto è stato commutato. Le petizioni. Le persone, la gente, il popolo (?) ha trovato nella pratica delle petizioni, raccolta di firme per lo più on line, il nuovo modo di promuovere richieste e rivendicare diritti di fronte al Potere.
Tuttavia, la piazza è virtuale, e parcellizzante. Da casa nascono sempre più numerose le richieste particolari e nel piccolo si perdono di vista, o proprio non si sanno vedere, i valori e i diritti grandi dai quali, se raggiunti, possono venire le risposte alle mille e mille petizioni particolari.
Alla stessa maniera on line (e per posta e per telefono) la solidarietà si è frammentata e parcellizzata. A casa ogni settimana le questue arrivano dalla miriade di associazioni solidali.
La forza di essere popolo che genera diritti e solidarietà collettivamente attraverso la politica direttamente è debole. Questa è la considerazione che mi viene in mente. Ma del resto ormai la maggioranza dei partiti politici sono personali! E se lo scrivono anche sullo stemma.
Dal punto di vista della contabilità economica il totale (dei soldi) non cambia, sempre esce dalle risorse e dalle tasche delle persone.
La differenza la farebbe una diversa distribuzione del potere nella società, nella gestione politica degli Stati. E in questa utopia sarebbe diversa la proporzione di cui oggi si legge: circa metà della ricchezza mondiale è detenuta dell’1% della popolazione! Siamo in 10 miliardi su questa Terra.

Renato Luti

Luca Peretti è storico del cinema e delle culture italiane, lavora all’Università di Warwick nel Regno Unito.