adulti ancora a scuola

Come vorrei che Bella Sempre parlasse

Barga vecchia è ritornata deserta, l’animazione nel Castello è ormai da anni una questione stagionale. Ma è anche una questione aritmetica.

“Bene, lo sai, la mia casa è tra Piazza Angelio e Piazza Garibaldi. Ieri, rientrando dal Fosso, da Porta Reale in avanti camminavo col naso all’in su (allinsù) e cercavo come i cani di sentir odor di cristianucci … e mi veniva di ricordare la cantilena “o ce ne son o ce n’è stati o ce n’è di rimpiattati” . Le facciate delle abitazioni, quasi tutte attaccate l’una all’altra più dei vagoni d’un treno merci, mi guardavano come chine da destra e da sinistra, il cielo era celeste, in alto, come la traccia della rotta di Google Maps. Guardavo e contavo, qui ce ne stanno 6, poi due, nessuno, 1, 2, in vendita, qui tutto chiuso da anni ed anni, 3, 5, … ed ero già davanti al Teatro. Insomma, a voler contare quante persone ancora abitino le case del centro storico basterebbero poche mani. Te stai oltre il Sargentone, mica va meglio la situazione, no?”

Negro Amaro, la guardava mentre parlava e gli sembrava di vederla che a tentoni smanaccava lentamente e contava camminando in Via di Mezzo; pensava che la stessa cosa si potrebbe dire di Via del Pretorio. Le nascite sono calate a Barga, come del resto altrove in Italia ed in Europa. Di bimbetti e bimbette ce ne sono poche che scorrazzano per le carraie e tirano calci al pallone nelle piazzette; ma non perché lo sport preferito si fa con le dita, sul telefonino.
La transizione abitativa o fuoriuscita dal Castello non è iniziata oggi, è dagli anni ’90 che è un fenomeno ambito. Gran parte delle persone che vi abitavano e che magari sono ancora proprietarie (loro malgrado?) di palazzi e appartamenti in Barga Vecchia hanno scelto di sfollare e costruirsi una casa nelle zone più piane o ariose fuori dal centro storico. Tuttavia, questo non ha influenzato l’andamento demografico complessivo, che ha continuato a marciare all’indietro.

“Ho letto che nel 2022 gli anziani (ultrasessantacinquenni) nel comune di Barga sono stati due volte e mezzo più numerosi dei giovani fino ai 14 anni e la mi’ figliola l’ha ascoltato su NoiTV, i dati l’hanno assemblati quelli dell’anagrafe. Lo chiamano indice di vecchiaia: nel 2022 ci sono stati 250,7 anziani ogni 100 giovani. Cioè 2,507 anziani per 1 giovane. Quest’altr’anno ci sarò anch’io tra gli anziani, andrò in pensione. Te EVa hai fatto una conta ad occhio, casa dopo casa, ma quelli dell’anagrafe potrebbero sapere veramente quali sono i numeri dei residenti dentro Barga Vecchia.
https://youtu.be/enf0LMA9kFA

“La popolazione è calata anche quest’anno, poche nascite e molti decessi. Come è buffo dire decessi; cioè smetti vivere. E scherzandoci su, sembra anche livornese: deh cessi (finisci)! Non c’è da meravigliarsi se i palazzi di Barga Vecchia son vuoti. Ciò è dovuto anche ad una scelta di quelli di Barga Vecchia, non c’è da rimpiangere niente: quelli più vecchi se non l’hanno fatto per se stessi, hanno aiutato i figlioli a farsi una casa in Piangrande o in Canteo, insomma altrove e fuori dal Castello, lasciando andare a male o vuote le case del centro storico. Noi, io e te, siamo dei resistenti, non dei residenti!”

E giù una risata.
Erano seduti su quella panca che c’è fuori dell’Arisco, il bar era chiuso perché ormai non sta più aperto a far cogna e a contar i passanti come ai tempi dell’Aristodemo, che dalla mattina alla sera serviva bicchieretti.
Parlavano, ridevano e le loro voci si perdevano nel silenzio del pomeriggio. Saranno stati contenti, al sentirli, quei quattro turisti fuori stagione, altrimenti al rientro in albergo avrebbero chiesto anche loro, come spesso altri, “ma nel Castello non ci sta più nessuno?”

“Ormai siamo pochi e sempre meno qua dentro le mura, e del resto resistere non è facile in una terra dalle barriere architettoniche come ambiente naturale!”
E giù risatina e sgomitata alla EVa.
“C’ho d’andare al Giardino a prender due finocchi e un porro, li voglio fare a fettine e saltarli in padella, mi piacciono e poi mi durano anche per domani.”
“Vengo in giù anch’io, sai ho imparato a comprare le cose col telefonino e la presa intermittente per le luci di Natale mi arriva all’edicola del Poli, che è un fermo pacco per i corrieri. Natale è già passato, ma mi fa anche per il prossimo, e poi almeno mi si riaccendono quelle lucine che avevo comprato qualche anno fa, quando iniziarono quelle al led.”

Scendevano la discesa di piazza, qualcuno entrava in quello che era stato il negozio del Toni e dell’Emma “di sotto piazza”, appunto. Ci hanno aperto un nuovo caffè, con una saletta di lettura, anche per far quattro chiacchiere con amici.

“Hai visto? Bravi. Hanno del coraggio. Forse loro, non so chi siano, hanno un’altra visione del futuro di Barga Vecchia, usano dei calcoli diversi. Lo sanno anche loro che in Barga siamo pochi, si vede che fanno altri calcoli. Facessero il gelato, verrei qui quando al Giardino è chiuso.”
“Il mio nipote è in vacanza, dalla scuola gli hanno dato da fare un tema per riflettere sulle guerre, quelle di ieri e quelle di oggi. M’ha chiesto: nonna mi aiuti? Io ho capito solo che è più facile farla che smetterla. Sui libri di storia si parla sempre di guerre.

Quando l’EVa e il Negro furono sul Ponte gli sguardi andarono per forza verso la Pania. Mancava un’oretta al tramonto ed era bello guardare nubi striate a cappello della montagna, il cielo chiaro e un po’ rosato. Se Bella Sempre potesse parlare racconterebbe cose inedite sulle guerre, c’è da immaginarlo, anche le pietre delle Apuane portano i solchi di quello stravolgente fenomeno che è frutto degli uomini singoli e dei condottieri delle comunità, per un mondo senza sorrisi.
Guardare la guerra da parte di uno studente può essere una opportunità di riflessione e di apprendimento. EVa Dritta farà bene ad aiutarlo. Osservare fenomeni complessi e violenti con più occhi e più cervelli può rivelarsi la cosa migliore, per non ragionare a senso unico.
La guerra non ha perduto ancora la sua centralità nelle vicende umane. E non si può dire che “peccato”, poiché il mangiarsi l’uno con l’altro è il meccanismo naturale della “legge della sopravvivenza”, ed è rimasto ancora come imprinting nella specie umana attuale come “peccato originale”. Altro che la mela di Eva!
La cultura della civiltà o la civiltà della cultura mirano a rovesciare le carte in tavola e a far prevalere valori di felicità e non di morte come nell’epoca della guerra in cui siamo ancora.
“Quello della cultura è un percorso duro e lungo quanto è lunga la strada dell’utopia e richiede educazione permanente, per tutto l’arco della vita, ai valori di tolleranza, di rispetto della diversità, di convivenza pacifica.”
La guerra mondiale è via cresciuta col crescere delle tecnologie per le comunicazioni e la velocità di spostamento di materiali e uomini: all’ordine del giorno, oggi la guerra mondiale conta 59 aree di battaglia, molte le popolazioni del mondo per le quali il conflitto è la tragica normalità. Accanto alla guerra guerreggiata, che porta con sé violenza contro i civili, esplosioni, sfollamenti e migrazioni, ci sono ovunque i segni della inquietudine endemica: le proteste, le rivolte, le repressioni e le torture. Le costrizioni culturali che violano la libertà di pensiero e di scelta delle persone, maggiormente delle femmine.
La guerra coinvolge una vasta gamma di aspetti, economici, politici, sociali, culturali, storici e umani in tutte le accezioni di questo aggettivo.
Ma la nonna, l’EVa, vedrà la questione in una prospettiva certamente diversa dal nipote, lo studente pensa sicuramente che la guerra sia una cosa da studiare e si riferirà per prima cosa al libro come fonte d’informazione. E puntualmente potrà seguire lo schema didattico di cause-dinamiche-conseguenze. La guerra come un fenomeno ridondante nella storiografia, è normale, perché usata per esaltare le civiltà (sic!).  Ma parlare di conflitti, in questo periodo storico, diventa un dovere per le nuove generazioni: ne va del nostro presente e del loro futuro ravvicinato.
La nonna è probabile che introduca il peso psicologico della guerra, anche se si svolge in aree relativamente lontane.

“Vorrei indicare al mio nipote di mettere a fuoco quali siano i valori e gli interessi che guidano alle scelte di guerra. La pace non si sceglie, dovrebbe essere la condizione normale, semmai si sceglie di sconquassarla e di negarla come stile di vita e di valori, l’ho sentito dire da MagicoRe e mi piace ripetere questa frase. Negro, io penso che quali siano le alternative alla violenza per risolvere i problemi senza crearne altri dovrebbe essere una ricerca fatta praticare a tutti gli studenti e studentesse nelle scuole del mondo.”

“La maestra Sabrina coi tacchi ha in classe sua cartelloni sulla guerra e sulle tragedie che porta, e un foglio scritto a mano dai suoi scolari riporta queste parole che mi è riuscito d’imparare a mente:
«La guerra che verrà non è la prima.
Prima ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente faceva la fame.
Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente.»

Negro Amaro recitava i versi scritti da BERTOLT BRECH, tratti dalla poesia “La guerra che verrà”. Una frase celebre, di quelle in cui ci sguazzano i social, nei quali il senso amaro quasi perde forza d’impatto col copia e incolla.
EVa grollava la sua testa in senso affermativo, lo lasciava finire, poi: “Per la maestra Sabrina sarà stata una memoria da trasmettere alle generazioni future, per non dimenticare le sofferenze e le ingiustizie che la guerra produce. Si dice che si ricorda per evitare di ripetere gli stessi errori, ma uomini e donne al potere sono allergici al non-fare-la guerra, la fanno e sono pronti a rendere omaggio alle vittime! La demagogia delle commemorazioni è un virus che attecchisce. Per commemorare bisogna fare atti! Di pace! La liturgia è un mena popolo per l’aia.”

La guerra, anche la guerra attuale, dovrebbe essere una sfida: dovrebbe generare immediatamente un impegno per la pace, la giustizia, il ripristino del dialogo tra le parti cadute in conflitto. Invece, si assiste per prima cosa allo schierarsi, allo stare con una parte o con quell’altra, alimentando la guerra, piuttosto che proporre subito il dividere i contendenti e la costruzione di un progetto di nuova pacificazione. È una conquista di civiltà che non abbiamo ancora raggiunto.

“Lo so, EVa, anche noi umani siamo animali e per noi è spontanea la situazione di violenza e guerra, di sgarro e sgambetto. Basta accendere la TV, i film e i filmetti che passano per lo più fanno vedere armi, morti, assassini, ruberie, malecose. Anche l’intrattenimento è troppo spesso un educatore alla violenza e allo sgarro.”

Non sappiamo raccontare ancora storie di vita quotidiana con una regia tale da scatenare adrenalina, fare spettacolo, educare ed infine far sorridere. Una eccezione ed un esempio dell’ultimo periodo è il film “C’è ancora domani” della signora Paola Cortellesi.
Ha detto bene il mi’ nipote è più facile farla che fermarla. Più penso alle guerre e più mi rendo conto che non ci siano rimedi, poiché la pace non è messa sul piatto come interesse primario, ma è concepita come risultato della guerra, bisogna che la guerra si realizzi per avere la pace, che in realtà è un armistizio, la loro pace non prevede la distruzione delle armi, degli arsenali. Anzi!”

Piuttosto che curare i pregiudizi e le paure, si alimentano! La polveriera è sempre pronta ad esplodere.

“La mia nonna, mi ricordo, raccomandava alla mia sorella e al mio fratello che erano assai più grandi me di stare a casa propria e non andare a mescolarsi in casa d’altri, così avrebbero evitato chiacchiere e guai. Mi è sempre rimasto in mente”, diceva Negro Amaro tenendo la destra all’altezza del petto e aprendo il pugno con l’indice dritto.

Il discorso, ormai diventato discussione tra Negro e EVa, si poteva interrompere soltanto un una maniera: erano arrivati davanti all’edicola e Negro era arrivato, mentre EVa sarebbe andata a comprare la sua verdura.
Al lettore rimane un po’ di curiosità insoddisfatta: cosa avrebbe ribattuto EVa? Ma una conclusione conseguente al consiglio della nonna del Negro, potrebbe essere che la guerra nasce quando invece che stare a casa tua vuoi andare a casa d’altri e non solo a metterci becco, ma a derubarli e a comandare?
E le parole “conquista”, “scoperta”, “civilizzazione”, sono positive o negative?
Di per sé sono solo parole, non sono “un dato” o “i dati”, non portano a niente: acquistano significato se messe accanto ad altre parole, e solo allora saremmo in grado di ragionare e giudicare (la nostra storia).
Ad esempio: conquista del West, conquista della Luna, conquista scientifica,
scoperta dell’America, scoperta del vaccino contro il…,
civilizzazione … questa è ancor più ostica come parola, perché qualsiasi altro mattoncino che ci metti accanto affinché sia un dato comprensibile, ti fa rimanere perplesso: per quello che riguarda la storia, ogni etnia ritiene di essere “la civiltà” e farà la sua civilizzazione con i suoi paraocchi. Ecco perché noi possiamo parlare di “scontro di civiltà”, anche oggi.
Ed ecco perché, via via sempre più accelerando nelle civiltà nel mondo, si levano voci per ideali e valori che siano Universali …. Orecchiabile è stata  Égalité Fraternité Liberté, ma ecco perché le Nazioni Unite hanno stilato il documento sui diritti umani, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
E ecco perché nella storia e nella geografia l’altra faccia della “scoperta” non è allegra né esaltante: è fatta di ruberie, pulizie etniche, apartheid, le colonizzazioni, ….

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.