adulti ancora a scuola

Mettre in riga

Ho fatto il militare di leva a Padova, Caserma Romagnoli. Avevo 24 anni, ero già laureato. Ero assieme a tanti, tanti giovani di leva, diciotto-diciannovenni. C’era anche qualche vecchio, laureati come me, ingegneri, commercialisti e medici. Ma la maggior parte di loro avevano fatto domanda per essere sott’ufficiali di complemento. Invece io ero soldato semplice di leva, senza alcun complimento! Volevo essere fantasticamente cittadino del mondo e non amavo la guerra; ero convinto che dodici mesi di leva stupida fossero troppi per formare un cittadino alla difesa della propria Nazione, che fossero migliori i programmi di formazione di un cittadino repubblicano, che prevedessero per prima cosa poche settimane di istruzione intensa come difendere il Paese e poi ogni due anni un richiamo operativo di aggiornamento di una decina giorni, per provare nuove dotazioni e essere informato sui pericoli che Nazione avrebbe dovuto sorvegliare. Insomma non amavo i cannoni della seconda o della prima guerra mondiale, non amavo i vecchi moschetti, non amavo le armi in genere, ma avrei preferito mi obbligassero a esercitarmi sui sistemi d’arma aggiornati e non su quelli obsoleti. Questa era una mia visione personale.
Il fatto sta che, in una giornata assolata di agosto, nei viali di tigli e giganteschi altri alberi, mi trovavo a fare il soldatino che provava l’attenti, il riposo, il marc, fianco destr e fianco sinistr, il presenta arm, sotto la guida di un sottotenente firmaiolo che “ci doveva” insegnare che l’ordine dato era dato a qualsiasi costo. E, sull’attent!, guai a muoversi: pena la punizione! Notti in guardina.

Ma quei muscini esosi e fini e trasparenti che calavano dagli alberi ti ricamavano la camicia cachì, e pure gli occhi; così, infine, tolsi la sinistra dal fusto del fucile che tenevo dritto sulla destra per il culo del calcio e mi strofinai ciglia e sopracciglia per spaventare quegli insetti rompiglioni. Non l’avessi mai fatto! “Luti, stai punito!” sentirono tutti urlare. Feci lo gnorri, aspettando il secondo tempo. L’allenamento di noi soldatini dopo un ulteriore trequartidora di torrido agostano finì. Mi guardavano come mi dovesse capitare una disgrazia. E anch’io lo pensavo. Tornati in camerata, arrivò il caporal maggiore, doppio baffo alla spalla della camicia, e mi disse che alle 18 ero a rapporto dal capitano De Palo. Certo, dovevo spiegazioni per il mio gesto di insubordinazione.

Ero bello e incosciente, ma sicuro di non aver ucciso nessuno, sebbene militare di leva, non volevo eliminare nessuno né essere eliminato! Avrei detto la mia. Pensate che quel Capitano si trovò di fronte uno come me, incerto sul come comportarsi ma certo sul fatto che i muscini, anche in tempo di pace sono noiosi e che raggiunto un limite di sopportazione non possono farti soffrire per render onore al mito che “un comando è un ordine, e che sull’attenti non ci si muove”. Il buon soldato si vede da altro, e a quello va addestrato. Punire per una sciocchezza era un abuso di potere, inutile alla difesa del Paese. Questo spiegai titubante al De Palo. Forse non si aspettava che gli parlassi, guardava il mio fascicolo e leggeva, cercava di sapere chi fosse quel muscino davanti a lui. Io cominciavo a temere per la mia licenza di fine CAR (centro addestramento reclute), tornare qualche giorno civile, a casa, non mi sarebbe dispiaciuto.

Poi mi guardò e mi disse “Lei è sposato, vero?”

Una domanda non domanda. Un imbarazzo manifesto o un tentativo di ricatto. Poi il compromesso. “Lei lo capisce che il sottotenente XXXX (io non mi ricordo proprio come si chiamasse)… non posso dire che abbia sbagliato. Ora lo chiamo e lei dirà che gli è venuto d’istinto e non aveva certo intenzione di offenderlo, disubbidendo. Poi le dò un giorno di notte in guardina, alla garitta, ma lei quando gli altri sono usciti per la libera uscita serale, dopo le nove di sera può tornare in camerata, senza rimanere in guardina.” Pressappoco furono quelle le parole dell’ufficiale in capo.

Ci sono delle volte che è meglio soprassedere piuttosto che fare figuracce. Forse è questo che il De Palo, pensai, intese fare. Cecare un compromesso, stupido perché ridicolo il fatto accaduto, ma un compromesso. Parlare sinceramente, piuttosto che montare un caso. (In altri scritti racconto tanto di questa e di altre storie di vita…)
Le cose migliorano quando non si è fanatici della ideologia del posto che occupiamo. Lo sentivo dire dai miei migliori maestri, lo sperimento continuamente nella vita di ogni giorno.



LA COMUNICAZIONE DELLA PROF. ANNALISA SAVINO, dirigente del liceo scientifico statale Leonardo da Vinci di Firenze, 21 FEBBRAIO 2023, dettata dai fatti del 18 febbraio 2023

Cari studenti, in merito a quanto accaduto lo scorso sabato davanti al Liceo Michelangiolo di Firenze, al dibattito, alle reazioni e alle omesse reazioni, ritengo che ognuno di voi abbia già una sua opinione, riflettuta e immaginata da sé, considerato che l’episodio coinvolge vostri coetanei e si è svolto davanti a una scuola superiore, come lo è la vostra. Non vi tedio dunque, ma mi preme ricordarvi solo due cose. 

Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti. ‘Odio gli indifferenti’ – diceva un grande italiano, Antonio Gramsci, che i fascisti chiusero in un carcere fino alla morte, impauriti come conigli dalla forza delle sue idee. 

Inoltre, siate consapevoli che è in momenti come questi che, nella storia, i totalitarismi hanno preso piede e fondato le loro fortune, rovinando quelle di intere generazioni. Nei periodi di incertezza, di sfiducia collettiva nelle istituzioni, di sguardo ripiegato dentro al proprio recinto, abbiamo tutti bisogno di avere fiducia nel futuro e di aprirci al mondo, condannando sempre la violenza e la prepotenza. Chi decanta il valore delle frontiere, chi onora il sangue degli avi in contrapposizione ai diversi, continuando ad alzare muri, va lasciato solo, chiamato con il suo nome, combattuto con le idee e con la cultura. Senza illudersi che questo disgustoso rigurgito passi da sé. Lo pensavano anche tanti italiani per bene cento anni fa ma non è andata così”. 

Più volte l’ho letta, dato che ha fatto incendiare la coda al ministro “dell’istruzione e del merito”.
Non è la solita lettera circolare in burocratese che anche dirigenti delle scuole sanno scrivere. Mi è apparsa come una lettera che un educatore, anzi in questo caso, un’educatrice scrive ai suoi alunni, ai suoi studenti, con tutto il rispetto per le loro idee, ma arricchita della poesia che un’insegnate sa usare scrivendo con una sapiente modalità di comunicazione. Chiara e diretta. Positiva e vigile. Un rammentare che la storia insegna e sarebbe bene non si ripetesse nelle sue realizzazioni peggiori.

Una Preside antifascista che parla per contribuire alla realizzazione della nostra Costituzione Repubblicana, scritta, approvata e diventata Legge Fondamentale, antifascista, affinché fascismi e violenza di ogni genere non siano il pane della quotidianità e non ritornino ad essere praticati.
È significativo il passo in cui la professoressa Annalisa Savino richiama alla consapevolezza, indicando che il calpestare la dignità degli altri inizia “ai bordi di un marciapiede qualunque”.
Le cronache son piene di vittime di pestaggi lasciate sole da “noi” passanti indifferenti …
Le scuole son piene di bullismi lasciati correre per indifferenza e sordità …
È bello quando semplicemente scrive “abbiamo tutti bisogno di avere fiducia nel futuro e di aprirci al mondo, condannando sempre la violenza e la prepotenza”.
La parte che a me pare molto significativa, come un testo letterario, è quella che riporto qua sotto, scrivendola a mo’ di versi:

“Chi decanta il valore delle frontiere,
chi onora il sangue degli avi in contrapposizione
ai diversi,
continuando ad alzare muri,
va lasciato solo,
chiamato con il suo nome,
combattuto con le idee e con la cultura.

E qui mi piace dire che, sì,  le idee e la cultura curano!

Mi ricordo che nei libri di storia che tanto spesso ho letto c’erano riflessioni che pari pari affermavano quello che la Preside di Firenze scrive in fine: “Senza illudersi che questo disgustoso rigurgito passi da sé. Lo pensavano anche tanti italiani per bene cento anni fa ma non è andata così”. 

Parlare e insegnare contro il fascismo è un compito istituzionale di ogni funzionario della repubblica, di ogni Dirigente Scolastico, di ogni insegnate e di ogni cittadino, mi piacerebbe dire. Invece, il ministro dell’istruzione della repubblica italiana, il sig. Valditara, non sa farlo!
Forse a lui, d’istinto,  piace di più comportarsi da bullo, i bulli hanno sempre la coda di paglia, e pensano che gli altri parlino per loro, e la loro coda di paglia prende fuoco.
I bulli, in un modo o in un altro ti urlano “muto! Stai muto!”, non vogliono che tu parli, hanno paura delle parole sensate.
Invece di ringraziare la Preside, e deprecare le violenze, ha cercato di ammutolirla. Ha detto che quelle parole erano inadeguate! “È una lettera del tutto impropria”. Ma il Valditara, con quali occhi ha letto la Costituzione?
Ma, non devo prendermela tanto, perché quello è colui che, settimane fa, in un convegno aveva parlato a lungo finendo per fare l’elogio della umiliazione: “evviva l’umiliazione che è un fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità.”

La stessa umiliazione che vigeva nel mondo della leva militare, quel tenente firma aveva inteso bene, e umiliava a dovere, così un soldato si piega e sta muto, è pronto per andare, senza pensare, per obbedire. La sua umiliazione (= azione di mettere a/sotto terra=humus) finale sarebbe proprio il finir sottoterra.

Peccato che a persone con la mentalità esternata dal Valditara gli facciano fare il ministro “dell’istruzione” e gli aggiungano anche “del merito”! Come se lui fosse superdelegato a giudicare?

Giuseppe Valditara, candidatosi alle elezioni politiche del 25 settembre 2022 con la Lega, non è risultato eletto. Ma poi dal 22 ottobre 2022 ce lo siamo ritrovato  ministro dell’istruzione e del merito del governo Meloni.


Link a due giornali che riportano le due esternazioni del sig. Valditara

https://www.huffingtonpost.it/politica/2023/02/23/news/valditerra_sulla_lettera_contro_il_fascismo_della_preside_di_firenze_e_impropria-11413430/

https://www.huffingtonpost.it/politica/2023/02/23/news/valditerra_sulla_lettera_contro_il_fascismo_della_preside_di_firenze_e_impropria-11413430/

3 Risposte a “Mettre in riga”

  1. La violenza va condannata sempre, da qualsiasi parte provenga.
    Ultimamente alle Scuole assistiamo a violenze di ogni genere, e spesso non vengono portati alla dovuta attenzione, “vengono ammutolite”
    e mi piace ripetere quello che dice Mariella “difendiamo la nostra SCUOLA”…

    Grazie Professore per questo spazio che ci porta a fare le nostre considerazioni.

  2. Fatto molto grave da condannare senza” se senza ma”!
    Oggi sono sette giorni che interrogo le mie nipoti fiorentine che frequentano la Scuola Superiore,
    ebbene non sanno niente se non quello che trasmette la tv, non c’è stato nessun dibattito, non hanno partecipato a nessuna manifestazione. TUTTO TACE!
    Forse la situazione è andata già oltre.
    Da parte mia piena solidarietà alla Preside del Liceo Michelangiolo e nessuna considerazione per il ministro (notare la minuscola).

  3. Grazie Renato, è piacevole constatare che ancora esistono persone che hanno il coraggio e la competenza per ‘parlare’ e ‘scrivere’ di argomenti, o meglio valori tanto importanti, purtroppo spesso ignorati. Difendiamo la nostra SCUOLA!
    Mariella

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