Uno vale uno?

Uno vale uno. Non è un assioma universale. Relativo è reale. Uno nell’uomo non è digitale, è analogico!

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. 

Il valore democratico che vale per i diritti,  per i doveri e per la dignità sociale è sancito all’art. 3 della Costituzione Italiana.
Per crescere e stare bene è bene sentirsi uguali ed essere visti uguali, uguali opportunità, uguali dignità, niente primatismi e niente favoritismi è la condotta giusta, democratica e solidale.

E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Così continua l’art. 3 della Costituzione della Repubblica Italiana.

Quando il cittadino poi è cresciuto ha una sua individuale  irripetibile  diversificata struttura di personalità e di competenze,  abilità, intuizioni, forza d’animo e integrità morale proprie; un po’ come i numeri: tutti numeri, ma infiniti tutti diversi!
Quindi, adesso, “uno vale uno”?
Vogliamo farlo valere come principio? Coi princìpi si finisce in guerra, con le competenze si crea armonia. 

La scuola è aperta a tutti.
L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso. (art. 34 – Costituzione Italiana)

Quindi, “uno vale uno” vale per alcuni campi. Non può essere un assioma o un principio assoluto. Per le questioni di principio non occorre studiare e sapere, per le competenze bisogna studiare, comprendere e dimostrare, fare!

“Uno vale uno” non può valere per il sapere, e di conseguenza per la amicizia, per la famiglia, per la scuola, per il parlamento, per l’amministrazione della cosa pubblica e e soprattutto per la scienza, ché per adesso ha ancora la sua forza nella prova: ricerca sperimentazione controllo confutazione a ciclo continuo.
Chi più sa, il merito del sapere, le competenze dimostrate, non “vale” un uno uguale pari pari all’uno dell’opinare, del tirare a indovinare col parlar forbito.
I media sbagliano quando non usano un distinguo tra opinione e dato/ricerca scientifico.
E sbagliano quando chiedono una opinione politica invece di una strategia politica da adottare per affrontare una questione.   Il troppo parlare crea confusione, neppure nel saper ascoltare, uno vale uno. C’è chi intende e chi intonda.
I danni di chi intonda ricadono interi sulla comunità …. e l’impoverimento culturale, economico e sociale aumenta.

Una società orizzontale è soltanto un mito. Orizzontalmente si parte, si nasce tutti allo stesso modo, poi lo stato se è democratico e la politica accogliente cercano di offrire a tutti le medesime opportunità di partenza eliminando gli ostacoli che la vita e le classi sociali mettono in automatico, ma poi quando si arriva alla età matura, allora dovrebbero valere le competenze, e i cittadini hanno meriti e competenze verticali, cioè  chi più alte e chi più basse e c’è chi non ne ha o è fuori corso. Allora uno non vale un uno qualsiasi.
La costituzione art.  34 Parla di merito cioè di “uno può valere più di uno”. 

https://www.ilmerito.org/images/Documenti_Pdf/Intervento_G.Corso.pdf
https://www.personaedanno.it/articolo/costituzione-italiana-e-meritocrazia–lorenzo-ieva

Esempio terra terra: hai bisogno di un medico: se soffri di una sciocchezza, il primo a tiro di schioppo lo consulti; se pensi di aver qualcosa di serio, cerchi delle referenze, non ti accontenti del nome e dell’indirizzo. Questo è il merito: diritto alla stima, alla riconoscenza, alla giusta ricompensa,  e acquisito in virtù delle proprie capacità, impegno, opere,  prestazioni, qualità, valore.
Uno non vale uno, si capisce?
Il merito che la Costituzione riconosce non è quello di essere vivi, ma quello di esser bravi, di essersi distinti, non votati a cianza col tele voto.
I diritti umani sono una cosa, la condotta umana è un’altra cosa. Il merito è frutto di una storia, di fatica, di impegno e di estro. Non di nascita. Tra chi è uno uguale a uno, prevale uno che ha più spinte: non per merito, ma per spinta.
Nelle democrazie il voto espresso alle elezioni può ritorcersi contro gli stessi votanti se hanno votato uno di cui non conoscono né se ha meriti  né se è competente. La corruzione e la malignità possono poi colpire comunque, poiché imponderabile è il futuro anche quando ti affidi alle tue stesse mani, figurati quando ti affidi a quelle di altri 🙂