adulti ancora a scuola

Sillogismi e realtà

Non vi può esser Repubblica senza lavoro!

Non ci può esser Repubblica quando quelli che eleggiamo per governare fanno il paio con la globalizzazione e la delocalizzazione che ci hanno impoverito ed hanno lasciato il Paese privo di attività e di posti di lavoro necessari.

Non ci può esser lavoro se sposi la delocalizzazione delle fabbriche e delle produzioni artigianali e industriali.
Non ci può esser lavoro se del Made in Italy resta soltanto il marchio. Il Made in Italy prodotto all’estero  è anche un danno alla Repubblica fondata sul Lavoro. Almeno non lo chiamare madeinitaly.

Se La Repubblica fondata sul Lavoro lascia che i suoi cittadini credano che  la Fiat  sia ancora una azienda italiana, ci portano ad  una Repubblica fondata sulla Propaganda.

Non ci può esser lavoro se mafia e camorra hanno mano libera.

Se mafia e camorra hanno mano libera il lavoro viene impoverito.

Se mafia e camorra e corruzione politica fanno il pizzo sul lavoro, al lavoratore resta soltanto la miseria.

Se all’aspirante lavoratore resta soltanto la miseria finisce che diventa miserabile.

Se la paga per lavoro è miserabile arrivano altri miserabili più miserabili a lavorare nei campi, a fare le pulizie, a fare i servi per i servizi e le badanti, i muratori e le commesse… (non ce l’ho con gli immigrati!, non c’è nessun odio sottinteso, anzi. Anche per loro dovrebbe valere la Repubblica fondata sul Lavoro.)

Se i governi non tutelano il lavoro, tasse e contributi non sono sufficienti per il funzionamento dello Stato.

Quando i governi non tutelano il lavoro le tasse e i contributi richiesti aumentano ed impoveriscono quei cittadini che hanno un lavoro (se il pizzo non te lo fa la mafia te lo fanno i governi).

Se ogni cittadino acquista cose prodotte all’estero, i soldi vanno via dalla  Repubblica fondata sul Lavoro, dove i lavoro è sempre meno, e quindi di soldi ne rimangono ancor meno per la Repubblica e per il lavoro.

Se le cose non si producono nella Repubblica fondata sul Lavoro finisce che … le mascherine i guanti i camici i respiratori i tamponi i reagenti … la Repubblica non li ha!

Se la Repubblica fondata sul Lavoro il lavoro lo lascia smantellare, chi inventa il come si lavora e con che cosa si lavora che ci sta a fare in Italia, se ne va!

Se della Repubblica fondata sul Lavoro rimane soltanto la maschera, cervelli e cervelloni se vanno a pensare altrove: poi la propaganda ci prende in giro raccontando ai cittadini che l’intelligenza italiana nel mondo è una eccellenza!? Appunto nel mondo, in Italia no.

……. continua….. eccetera…… etcetera

E allora?

Non rimangono che i propositi.

Ed oggi ne sentiremo molti da paparacchi, governanti, predicatori, opinionisti, imbonitori …lavoro perduto

E allora?

E allora sarebbe bene chi ne ha più ne adoperi.

Sarebbe bene che ogni cittadino iniziasse a cercare gli altri cittadini per realizzare la Repubblica fondata sul Lavoro e costruisse unità per il cambiamento, entrasse nelle istituzioni per lavorare per gli ideali: la Repubblica fondata sul Lavoro è un ideale!

Chiunque crede in qualcosa ha un ideale!

Allora chi fa le cose non per ideale ma per interessi, va messo fuori gioco?

Beh, qui il gioco dei sillogismi e dei se ricomincerebbe un nuovo giro. Ma non caschiamoci.

E allora?

Come molte volte accade nella semplice esperienza quotidiana ci può essere una terza via, lavoriamo per conciliare ideale ed interessi, ma non l’uno senza gli altri e viceversa.

Come?

Rileggiamo la Costituzione della Repubblica Italiana.

E ricominciamo.

Oggi i TG e i media ci dicono che oggi la festa è a distanza e con episodi da vedere su schermi o da udire da radio e tv, ma che poi il PUBBLICO tornerà in strada. Già, parlano di pubblico!

Al tempo dei tempi della Repubblica fondata sul Lavoro gli ultimi  Film Luce e la radio comunicavano lavoratori per le strade, aria di festa, la Repubblica dopo il ’48 aveva dato nuovo slancio alla festa dei lavoratori.

La tipologia dei lavoratori sarà cambiata rispetto a 15 lustri fa, ma di nuovi lavoratori e lavoratrici le famiglie ne sentono il bisogno. Che i disoccupati, i cassaintegrati, i redditocittadinanzati, i lavoratori a nero, diventino lavoratori che producono alla luce del sole e per progetti di nascita di una nuova economia, magari europea e magari mondiale. Essere critici contro la globalizzazione attuale non significa rinnegare le comunità globali, il sogno di essere cittadini del mondo. Anzi significa estendere progressivamente al mondo i livelli di garanzia e di protezione di chi lavora in modo uguale per tutti: non verso il basso come ora accade, ma verso l’alto. Verso il benessere e non verso lo sfruttamento come accade da troppi anni ormai.

Di panem e circenses l’epoca della Roma antica ne è perita! Di mancanza di equità sociale si muore prima o poi, ed i cittadini del popolo minuto, quelli che fanno figli e non hanno lavoro fisso ne muoiono prima, piuttosto che dopo.\