adulti ancora a scuola

Riportano indietro l’orologio della civiltà.

Si sa, i giorni della merla sono freddi, ma se il cielo è sereno troviamo ugualmente il modo di dire che sono belli. Ieri anche la Pania era sbarazzina, allegra, con il manto innevato ed il foulard di nuvole che sciava col vento. Nelle carraie di Barga Vecchia spifferava e le poche foglie secche che ancora sono vagabonde si ammucchiavano in angoli e contro i discendenti delle canali. Al Giardino si muovevano di più anche le persone, ed adesso che non c’è più il distanziamento fa comodo anche andare alla Posta: entri e un po’ ti riscaldi. Così si era formata una discreta coda e l’argomento imbarazzante fu introdotto da un’anziana: “T’immagini che freddo e che disperazione devono avere quei disgraziati in Ucraina?“
Non ci furono risposte immediate, ma sguardi si, tanti sguardi e sopracciglia che mimavano espressioni di impotenza, anche le braccia aiutavano, ruotavano lunghe sui fianchi come a voler mostrare le palme delle mani a dita aperte. Quella mossa un po’ involontaria e un po’ automatica la fecero anche le braccia di EVa Dritta, si guardò la mano destra che alzandosi richiuse le dita e si strinse a pugno.
N’aveva otto davanti, e tempo di pensare. Davanti gli occhi le passarono quelle immagini che in televisione ti somministrano ogni giorno, palazzi distrutti, cadaveri, neve, fumo, pompieri, pianti …. “La guerra si vince con le armi. Più armi portano alla pace?”, ma non sapeva a chi rivolgere la domanda, alla ricerca di un’opinione da confrontare. Sbirciando dai vetri vide che stava entrando l’amico Negro Amaro. Lei aveva già il biglietto col numero di coda, quindi gli andò incontro e nell’attesa del turno quella domanda la proferì subito, come le stesse stretta in testa. Lui, il Negro, la guardò sorpreso e interrogativo. Non era la prima volta che al parlare di EVa non capiva, quindi alzò la sinistra ammucchiando le quattro dita verso il pollice con un breve in su e in giù davanti al muso di Eva.
Parlava sottovoce perché c’erano altre persone e non erano sulla panchina gialla, quella di fondo al Ponte. “Una diceva della guerra in Ucraina, sai, quindi …” L’amico la guardò seriamente e strusciandosi le mani intirizzite, scaldava il discorso con «Rabbrividiamo tutti di fronte alla devastazione della guerra, di più per le persone che la subiscono … di guerre nel mondo ce ne sono molte, non c’è soltanto l’Ucraina.»
Erano svelti alla Posta quella mattina, così EVa aspettò che Negro avesse anche lui fatto quello che doveva fare e poi assieme entrarono dall’Alpino, nella veranda del bar. Lei un bel macchiato in tazza grande e lui un bitter rosso frizzante, e EVa riprese a dire. Erano così loro. Quando si incontravano, di solito chiacchieravano di qualcosa che era più che meno.
Ma fu lui a iniziare. «L’altro giorno ho sentito una maestra che ragionava coi suoi bimbetti in classe e una frase mi ha colpito: Il buio non si sconfigge col buio. La maestra diceva che erano parole di un certo Martin King. E allora, per rispondere alla tua buttata iniziale, posso chiederti: la guerra si sconfigge con la guerra? Io non lo so e non so se quello che dico ha un senso giusto. Certo è che la guerra è nelle vene dell’umanità, i telegiornali sono ammazzamenti da tutte le parti!»
“Certamente, il prepotente va punito, ma che cosa si fa per la pace? Vedi, è questo che mi arrovella. Invio di armamenti; solo giocare la carta del successo militare non sta portando a fermare la guerra, sta portando alla distruzione indiscriminata; e ci contano delle vittime civili, come se i cannoni dovessero essere intelligenti e quindi assassini di cui stupirci. Bisogna impegnarsi in altro, quando i capi penseranno di iniziare seriamente un negoziato? Perché i popoli non possono farlo! Se lo chiedessero ai popoli probabilmente vincerebbe la sopravvivenza.” EVa Dritta rimase con la bocca aperta, ma altre parole non le uscivano, stava alzando il gomito per sorseggiare il suo caffè macchiato e un po’ di schiuma le rimase sul labbro superiore.
Sgrollava la testa Negro, e picchiettava l’indice sul tavolino: «Zelensky e Putin non faranno mai tregua così come si sono messe le cose; loro due da soli continueranno a reclamare posizioni l’uno contro l’altro. Bisogna che ci sia qualcuno dal di fuori che li induca a fare qualcosa che almeno fermi le armi.»
EVa a quel punto si mise a raccontare che con la sua figliola ci aveva discusso più volte su questa guerra e la figlia era molto sconfortata e scettica, perché l’interesse al dialogo non trova spazio neppure sulla opinione pubblica, e non c’è perché anche i media riportano solo propaganda. Lei le diceva che i veri protagonisti della guerra in Ucraina sono il Kremlino e la NATO. Ma quello che la infastidiva di più era che non si hanno ancora notizie che nella Alleanza Atlantica ci sia una chiara idea su come e dove vogliono che questa guerra finisca.
Negro Amaro girava e rigirava il bicchiere con l’ultimo sorso di bitter dentro ed esclamò «Si avvicina il primo anniversario di questa fottuta invasione militare, il 24 febbraio, ma ancora quella povera gente, ucraini e soldati russi, non sa dove i loro capi si vogliono fermare, dove vogliono arrivare, è una cosa amara. Meglio sarebbe non pensarci, ma tutto ti porta a pensarci.»
Ed EVa allora continuò a raccontare le parole della figliola che l’avevano convinta di più, e spesso erano domande: l’aiuto alla Ucraina invasa è innegabile, ma quali sono gli obiettivi ed i limiti strategici di questo aiuto?
L’amico con calma aggiungeva: «Io so poco, ma se non ci fosse l’arrivo di armi l’Ucraina avrebbe perso e appena si interrompesse questo afflusso di armi, l’Ucraina perderebbe ogni cosa. E non si possono fare paragoni con gli aiuti nella seconda guerra mondiale, perché allora i nemici si erano dichiarati guerra.»
Si dicevano queste cose in maniera svelta, come ci fosse urgenza, forse l’urgenza veniva dall’ansia e dall’impotenza di fronte ai fatti che comunque li toccavano e che toccano tutti, inconsciamente o coscientemente sappiamo che le chiavi di questa guerra sono nelle mani dell’occidente, perché senza le armi questa guerra si spenge e vince la Russia.
“La mia figliola dice, ed io sono con lei, che siamo noi che dobbiamo decidere quale è il prossimo obiettivo che dobbiamo porci per concludere questo aiuto che stiamo dando, i cittadini dei paesi democratici, come noi, hanno il diritto si conoscere a quale fine e con quale sbocco subiscono pressioni economiche, psicologiche e politiche. Più o meno sono queste le parole che dice, ed aggiunge che proporci di cessare la guerra va fatto anche aldilà di quello che dice Zelensky.”
Frugandosi in tasca per cavar fuori il telefonino e guardare l’ora, Negro Amaro uscì con queste parole: «Zelensky si pone come il condottiero dell’Ucraina, ma non è il capo dell’Occidente, invece in tv ci fanno vedere che sembra che sia al supermercato delle armi, dice e chiede quali armi deve avere e mi sembra che poi gliele danno, e allora il dubbio che questa sia una guerra impossibile che si combatte per procura, senza dichiararla apertamente … il dubbio mi viene in mente. Povero mondo.»
“Ecco”, strusciandosi all’unisono i pollici e indici a destra e a sinistra della tazzina ormai vuota, riprese EVa: “Zelensky può chiedere, si può ascoltare. Siamo intervenuti in Ucraina o contro la Russia per il nostro interesse e per il nostro interesse dovremmo capire quando dobbiamo finire e preparare il come, e dicendolo anche a Zelensky. Come sarebbe bella la democrazia anche nel trattare di guerra: stabilire cosa vogliamo, abbandonare le retoriche e interrogarci perché in altri casi non siamo intervenuti o abbiamo tagliato la corda.”
Alla cassa, porgendo un dieci euro, Negro Amaro, continuava a guardare EVa Dritta e svelto svelto diceva:
«Oppure è tutta una tragedia alle spalle della povera gente e loro sanno già come spartirsi … Se fosse una lotteria bisognerebbe tentare di vincere la pace, prepararsi a cosa comunque ci sarà dopo…»
“Io mi immagino odi, rancori, pianti e vendette in mezzo a regioni devastate, macerie della distruzione e macerie umane che riportano indietro l’orologio della civiltà.”, furono le parole di Eva prima dei ciao ciao.
La Pania, Bella Sempre, vede ma non parla, quella mattina seguendo i due potrebbe aver pensato: poveretti, con quale stomaco si godranno il pranzo dopo quella conversazione?

Una risposta a “Riportano indietro l’orologio della civiltà.”

  1. Entro nel bar Alpino e mi siedo per un caffè. Al tavolo vicino al mio sono seduti una stana coppia, stanno parlando della guerra in Ucraina. Non volendo, sento i loro discorsi. Mi sembrano affabili. Volto lo sguardo e mi presento.
    “Mi chiamo Emma e sono una studentessa di AAAS”. Mi salutano ed anche loro si presentano
    ” io mi chiamo EVa”, disse la Signora con la tazzina in mano, ed anche Lui si presenta con uno sguardo meno sorridente, “io sono Negro”.
    A quel punto mi introdussi nel loro discorso sulla guerra. Le nostre opinioni risultarono simili. Loro ripetevano
    “il buio non si sconfigge con il buio”.
    Poi era inevitabile parlare della povera gente martoriata dalle bombe, i giovani soldati uccisi, quanti dovevano affrontare il freddo, i bambini rimasti orfani. E continuammo per un pò.
    Prima di alzarmi dalla sedia li salutai “piacere di avervi conosciuti, mi dispiace ma devo andare, perché ho la lezione d’Informatica all’ISI” pagai la mia bevuta e mi congedai.

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