- Oggi è Festa Nazionale. Perché?
Un professore davanti ai suoi studenti, in aula, potrebbe raccontare, piuttosto che fare una sequela retorica davanti a chi non conosce i fatti. Quindi così potrebbe introdurre quella che sarà una lezione attiva che porterà a domande e a ricerche su internet e a richieste di chat con l’intelligenza artificiale, allo studio, come fanno studenti di una buona scuola:
Immaginiamoci quei tempi.
Era in corso la Seconda Guerra Mondiale, quella che costò più di 100 mila morti e feriti tra i civili soltanto in Italia e più di 300 mila morti, feriti e dispersi tra i militari. È lecito domandarsi quanti, a parte i fanatici e chi sceglie di fare il guerriero per soldi, quanti saranno stati contenti di esser costretti al ruolo di soldato per una guerra di aggressione. Pensiamoci….
Ecco perché nelle guerre si obbligano i sudditi e i cittadini ad andare a combattere, impedendo ad ognuno di scegliere se farlo o non farlo, quindi di giudicare una guerra prima di andarci.
Il Regno d’Italia di Vittorio Emanuele III col suo regime fascista di Mussolini partecipava alla guerra di aggressione voluta dalla Germania di Hitler. La guerra è un disastro, comunque, ma per loro che la scelsero era diventata un incubo, stavano per essere sconfitti!
Il 9 e 10 luglio del 1943 l’esercito nemico Anglo-Americano era sbarcato in Sicilia!
L’Italia era retta da un Re, un Dittatore e il Gran Consiglio del Fascismo. Appunto lì, decisero, il 25 luglio, di sfiduciare Mussolini il Duce: come fanno oggi le società di calcio, che difronte alla sconfitta licenziano l’allenatore! Volevano presentarsi come “puliti” di fronte agli occhi degli Anglo-Americani che ormai sarebbero stati i vincitori della guerra, affidandosi a loro per la continuazione del fascismo.
Anche il re Vittorio Emanuele III voleva presentarsi “pulito” per restare in sella e così fece arrestare Mussolini e lo sostituì con il maresciallo Badoglio come nuovo capo del governo. Il partito fascista fu sciolto, anche la Camera dei Fasci e delle Corporazioni, il Gran Consiglio del Fascismo e il Tribunale Speciale furono sciolti. Trattavano segretamente con gli anglo-americani per arrendersi, all’insaputa dei loro alleati tedeschi. L’avrebbero voluta chiamare “pace separata”. L’8 settembre 1943 l’esercito anglo-americano sbarcava a Salerno, cioè risaliva la penisola da conquistatore, ed il Re e Badoglio se ne fuggirono appunto al Sud per mettersi sotto la protezione dei vincitori.
Proprio quella sera, anche via radio, in Italia, la sera dell’8 Settembre 1943, fu annunciata agli italiani la resa e il finto armistizio! L’esercito italiano fu abbandonato a se stesso, senza istruzioni operative: le divisioni sul campo furono in gran parte facilmente disarmate dai tedeschi, ci fu un fuggi-fuggi e 600 mila soldati furono fatti prigionieri dai tedeschi e spediti nei campi di concentramento in Germania o nei paesi occupati.
Tra la gente, l’annuncio della resa fu inteso come fine della guerra e fu salutato con esplosioni di gioia, pianti di felicità da parte dei soldati, bella incredulità da parte di donne, uomini, bambini, bambine, anziani … Le campane suonavano a festa. Furono giorni di gioia e di solidarietà …. Ma non era finita!
I Tedeschi erano intenzionati a non mollare! Si imposero come il governo di occupazione straniera!
A Nord dell’Italia ricrearono il fascismo: liberarono Mussolini e lo misero a capo di un governo fascista con capitale Salò, sulle rive del lago di Garda, un bestiale fantoccio chiamato Repubblica di Salò. Fecero anche un documento, propaganda per impippare ancora gli italiani: un programma in cui veniva sbandierata la socializzazione delle imprese e la partecipazione degli operai alla gestione delle fabbriche e alla divisione degli utili, assieme alla affermazione che appartenenti alla razza ebraica sono stranieri (Carta di Verona). Il fascismo tornò al potere più arrogante che mai, forte della protezione dei tedeschi. I fascisti tornarono a spadroneggiare, da Salerno in su, dove i tedeschi avevano fatto affluire armate per frenare l’avanzata degli anglo-americani.
Gli operai respinsero con una serie di scioperi la proposta velleitaria e demagogica del fascismo repubblichino. Immaginiamoci quanti italiani allora abbiano potuto leggere quel documento neo-fascista …
Chiunque, oggi, può leggere la Carta di Verona e quindi rendersi conto del perché non fosse niente di nuovo che fascismo puro. Il suo 18° punto finale si conclude con le parole: “le mete sociali: combattere, lavorare, vincere.”
Un nuovo disastro: la guerra civile tra italiani!
Sule montagne si erano formati fin dal settembre del ’43 gruppi di partigiani. Erano stati chiamati alla lotta armata da un manifesto del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) composto dai rappresentanti di tutti i partiti politici antifascisti. I ribelli si resero conto che la lotta sarebbe stata lunga e piena di sacrifici, che si trattava di incominciare una nuova guerra, per liberare definitivamente l’Italia dai fallimenti politici, militari e morali delle vecchie classi dirigenti e dal terrore nazifascista.
Il Comitato di Liberazione Nazionale nacque a Roma. Nella capitale, il 9 settembre del 1943, il giorno dopo la diffusione della notizia della resa del re e del Badoglio agli anglo-americani.
È interessante leggere la frase scritta allora: «Nel momento in cui il nazismo tenta di restaurare in Roma e in Italia il suo alleato fascista, i partiti antifascisti si costituiscono in Comitato di liberazione nazionale, per chiamare gli italiani alla lotta e alla resistenza per riconquistare all’Italia il posto che le compete nel consesso delle libere nazioni»
Ma chi c’era nel CNL?
“Siedono nel CLN nazionale i rappresentanti del Partito Comunista italiano (Giorgio Amendola e Mauro Scoccimarro), Partito d’Azione (Ugo La Malfa e Sergio Fenoaltea), Partito Socialista, in quel momento denominato PSIUP (Pietro Nenni e Giuseppe Romita), Democrazia Cristiana (Alcide De Gasperi), Partito Liberale (Alessandro Casati), Democrazia del Lavoro (Ivanoe Bonomi e Meuccio Ruini); Ivanoe Bonomi, appartenente alla classe politica dirigente pre-fascista, ne è il primo presidente”.
Ai giovani di oggi quei nomi potrebbero dir poco o niente se non ci fossero libri, scuole, insegnanti, internet e motori di ricerca, per comprender …..
Il 16 ottobre 1943 il CLN di Roma approva un documento steso da Giovanni Gronchi (sarà un futuro presidente della repubblica, democristiano) in cui si rifiuta ogni collaborazione con il governo Badoglio e si chiede la sospensione dei poteri della monarchia. Il 17 novembre 1943 il CLN di Roma, assumendo i poteri costituzionali dello Stato, delibera che a guerra finita siano gli Italiani a giudicare la monarchia.
La Resistenza fu dunque una guerra di popolo. Certo non era da tutti la consapevolezza di mettersi al servizio di un futuro tutto da costruire, se fossero scampati alla morte. Fu la prima guerra realmente popolare che in Italia si sia spontaneamente combattuta. I comandanti vennero fuori dalla gente del popolo, molti soldati sbandati accorsero imbracciando il fucile, contadini e operai la sostennero fra mille pericoli, anche le donne, in gran parte con incarichi di collegamento e cura. Un lavorare clandestino per non esser colti dalla sorveglianza e dalla ferocia degli occupanti tedeschi, per non essere traditi dalle spiate ai e dei fascisti repubblichini.
L’avanzata verso il Nord dell’esercito anglo-americano non fu facile di fronte all’esercito tedesco. E arrivò anche il 1944.
La lotta partigiana si sviluppò soprattutto al nord fino all’insurrezione generale che sarà per il 25 Aprile 1945 e alla cacciata dei tedeschi. Ma anche nell’Italia centrale, sulla Maiella, nelle Marche, sull’Appennino umbro-marchigiano, sulle Apuane, in Toscana fino alla liberazione di Firenze (Agosto 1944). Formazioni resistenti si costituirono nelle città. I gruppi partigiani svolsero una intensa attività con azioni di disturbo, sabotaggi, attentati, adottando la tattica della guerriglia per logorare le forze fasciste e naziste. Supportati dall’appoggio degli eserciti liberatori stranieri, dettero un importante contributo alla liberazione del nostro Paese.
25 Aprile 1945, Insurrezione Generale! Ecco l’origine della festa di oggi 25 Aprile 2025.
Sono passati 80 anni da quel giorno, ormai poche persone possono raccontare con la loro voce quella esperienza, cosa furono quei tempi e cosa rappresentò per loro quel giorno nel 1945.
Non so perché ci sia stato un continuo tentativo di nascondere l’importanza della Festa della Liberazione, e continui ad esserci un velo grigio che cerchi di dissimularla. Anche con un semplice equivoco, chiamarla Festa della libertà e non Festa della Liberazione. Libertà, anche se esprime un valore, è un termine generico, una intuizione muta; Liberazione è un termine preciso che porta spontaneamente a far la limpida domanda “da chi, da che cosa”. Utile per la crescita civica, fuori dalla zona grigia!
Eppure, la giornata di festa esiste dal 1946, l’anno dopo la liberazione! Fu istituita su proposta di Alcide de Gasperi presidente del Consiglio e fu resa attuale con decreto legislativo del luogotenente del regno Umberto II di Savoia, inserita tra le festività di quell’anno. «A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale.» (Decreto legislativo luogotenenziale 22 aprile 1946, n. 185, art. 1)
L’Italia era giuridicamente ancora un regno e diverrà repubblica con la scelta dei cittadini e cittadine nella prima elezione a suffragio universale (uomini e donne) 2 Giugno 1946.
La Festa della Liberazione viene istituzionalizzata stabilmente nel 1949 quale giorno festivo assieme alla Festa Nazionale della Repubblica Italiana del 2 Giugno (data del referendum istituzionale del 1946)
C’è da immaginarsi che questa lezione di un ipotetico professore in una classe ipoteticamente attiva avrebbe portato spontaneamente a riflessioni importanti per la formazione del pensiero e dell’atteggiamento civico degli studenti. Molti adulti di oggi, invece, raccontano che la nascita e la vita della repubblica sono stati argomenti “limite” o addirittura non trattati nel loro percorso scolastico, anche perfino nelle scuole superiori.
Chi leggerà questo articolo potrà pensare se è stata anche la propria esperienza.
La Resistenza prometteva una democrazia ad alta intensità. Ogni cittadino italiano di oggi può riflettere, giudicare, partecipare.
Per quello che riguarda l’onore alle genti che seppero essere protagoniste della Resistenza e sostenere i partigiani nelle montagne, nelle campagne e nelle città non c’è niente di meglio che ascoltare le parole che il presidente Mattarella ha pronunciato stamani a Genova
Qui di seguito ci sono pochi e significativi passi che riportano il messaggio della Resistenza e della Liberazione alla attualità di questi giorni.
«Difendere la libertà dei popoli europei è compito condiviso. Ora, l’eguaglianza, l’affermazione dello Stato di diritto, la cooperazione, la stessa libertà e la stessa democrazia, sono divenuti beni comuni dei popoli europei da tutelare da parte di tutti i contraenti del patto dell’Unione Europea.
La libertà delle diverse Patrie è divenuta la liberazione dell’Europa da chi pretendeva di sottometterla.
E fu una lotta così vera da coinvolgere anche persone che i nazisti pretendevano opporre ai partigiani.
La solidarietà internazionale si misurò sulle montagne liguri come altrove con l’apporto recato dai tanti che, venuti da patrie lontane, si erano uniti alla Resistenza.
Si apriva la stagione dei diritti umani delle persone e dei popoli, per prevenire i conflitti, per affermare che la dignità delle persone non si esaurisce entro i confini dello Stato del quale sono cittadini.
Non ci può essere pace soltanto per alcuni. Benessere per pochi, lasciando miseria, fame, sottosviluppo, guerre, agli altri.»

(Foto di Paolo Giandotti – Ufficio Stampa per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)