Di giugno, raramente, è stato così caldo e siccitoso, ognuno può pensare che l’estate sia esplosa in anticipo. A differenza dello scorso anno la frutta sugli alberi c’è, di ciliegie a rifasci e le susine selvatiche sono quasi mature, di solito lo sono verso agosto, i fichi, peccato, passiscono invece di deire, per mancanza d’acqua alle radici. Di funghi non se ne parla, mancano le piogge, e le polle sono al lumicino. Il tempo è traditore; anni indietro potevi sperare e sollecitare il fato affinché piovesse, oggi stai molto attento a come dirlo, e lo fai per scaramanzia, perché se andasse a piovere davvero e venisse giù un diluvio o la grandine o una tempesta con vento spaventoso, ti mangeresti la lingua. Le stagioni sono cambiate, si dice, in realtà dovremmo dire che sono diventate violente. Le loro espressioni sono frutto di combinazioni ambientali ed astrologiche; appunto, su ambientali casca l’asino! Un despota dell’ambiente è appunto l’umanità e soprattutto quella gran parte che la Storia chiama ad economia capitalista, cioè dell’accumulo, della supremazia e della prevaricazione, e se qualcuno accumula, qualcun altro impoverisce e stenta. E alla Storia sembra una cosa naturale!
Passo lungo lo stradello della piccola pineta di Vanga dell’Oru, duecento metri per andare in spiaggia. Dall’appartamento alla spiaggia lunga, sabbiosa e chiara, libera, dove si va “al mare”, il percorso più fresco è quello: ottanta metri per la costa, poi il passaggio sullo scolo a mare di un piccolo stagno, infine il sentiero al bordo di una piccola scogliera posticcia, massi e lastroni prefabbricati, aggiunta in questi anni affinché il mare smettesse di mangiare la pineta. A metà strada il tronco abbattuto di un immenso pino, mozzo da un lato, dall’altro le radici ormai corrose gli danno una forma immaginaria. Al primo passar di lì lo notai, mi sembrava un alligatore.
Ormai, dopo una settimana di villeggiatura nella Corsica dell’Est a 45 chilometri a sud di Bastia, quel sarcofago è come un appuntamento, ci passo a fianco almeno quattro volte al giorno. Ieri finalmente, discutendone con Lei, ho capito che a guardarlo meglio è l’epifania di un ippopotamo. Del resto, dalle montagne scendono molti torrenti e trecento metri più a nord c’è (ancora) una laguna d’acqua dolce che sfocia proprio alla fine della lunga spiaggia che frequentiamo in questi giorni. Ecco, anche lassù, nel senso che si va a nord, il mare, modellando a suo piacimento la sponda, ha mangiato un altro bel po’ di pineta e sughereta. La laguna resiste, per adesso, e ha messo a contrafforte una rigogliosa barriera di canne lacustri.
Che fantastico ippopotamo, stasera il suo occhio destro, sì, perché vedo quello quando passo, non l’altro, o tutti e due. Il suo occhio destro e il resto del muso mi hanno quasi ipnotizzato, lo guardavo e mi piaceva sentirlo ragionare. Ha sùbito messo le cose in chiaro: – Non ti azzardare a fare paralleli moralistici: l’uomo ha violentato la natura e adeso la natura risponde sconvolta, la colpa è dell’uomo che non ha voluto rispettarla e l’ha accanitamente stravolta. –
Eppure li ho sentiti, li ho sentiti i suoi pensieri, che uscivano da quella narice spropositatamente aperta poco sopra la bocca di quel grugno allungato prima degli occhi.
-Gli uomini o, come dite voi, l’umanità, non ci ha mai minimamente pensato ad accanirsi contro la natura, le vostre cosiddette civiltà o società, tu come preferisci chiamarle?, tutto si è svolto naturalmente. L’uomo, usiamo questo termine, per intenderci, va bene? L’uomo, che è un prodotto naturale anch’esso, sviluppandosi e modificandosi come fa ogni cosa sulla Terra, ha seguito il primo istinto che pensiamo sia dappertutto, la sopravvivenza. Voi dite “della specie”. Lo dite anche per l’ultimo vostro tormento, quel serpentello del Covid. –
Mi fischiavano “gli orecchi”, forse ero vittima di acufeni, il torrido di queste giornate poteva giocare brutti scherzi. Ma i pensieri che mi giungevano mi attiravano. Volevo sapere dove andasse a parare. O a riparare.
-Come per i coronavirus che si diffondono e mutano, anche l’uomo si diffuse e mutò, e così si ebbero varianti diverse e diversamente diffuse in questo globo terraqueo. E la molla che move il mondo ragionato è sempre la stessa, la sopravvivenza. E c’è chi, per sopravvivere, cerca la solitudine. In piccola scala e in grande scala funziona così. Posso prendere in prestito le vostre espressioni umane? …-
Non sentivo più niente, non mi sembrava più di percepire pensieri suoi. Poi:
-Dai, dimmi di sì, tanto lo so che se non uso le espressioni che capisci finirai per perderti nell’immensità del ragionato. Voi, l’uomo, è buffo, ha bisogno di rappresentazioni! Pensa che tu per ascoltarmi hai dovuto immaginarti che fossi un ippopotamo. Un albero caduto e corroso, secondo te, non avrebbe potuto pensare, ma se tu gli metti le sembianze di un cavallo di fiume, allora funziona. –
Non c’erano cicale che frinivano, il caldo era calmo come il mare, e continuavo a guardare il tronco.
-In piccola scala o in grande scala l’egoismo, la superbia sono molle naturali al destino dell’uomo, sia inteso come comunità che come ugnolo essere: o supremazia o gregariato; ma c’è di peggio: la miseria e gli stenti. E i risultati sono soltanto due: la sopravvivenza o la estinzione (la morte).
Vedi, con l’egoismo o superbia è cominciato il capitalismo e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Solamente per sbaglio (mutazione deviante?) si è prodotta la genia che vuol vedere tutti fratelli.
Ascoltami, all’uomo non gliene frega niente dell’altro da sé, della natura; l’uomo ha scombussolato la natura, ma non ci pensava a farlo, ciò avveniva e avviene per effetto, per derivato dell’uomo che vuole dominare l’altro uomo. Così nella vostra Storia le cose vanno avanti perché c’è la guerra, tutto è una guerra, un uno contro l’altro. Del resto, il caos ordinato è tutto un (morire e) trasformarsi. Per esempio io, il tuo tronco di ippopotamo, sono giù, morto, travolto dalla potenza dell’acqua del mare, ma per me è normale, piano piano non sparisco, non muoio, mi trasformo, nel caos della natura mi rimpasto. C’è stato uno tra di voi umani che diceva “nulla si crea, niente si si distrugge, tutto si trasforma”. Così capisci cosa sto pensando? –
Sulla corteccia ormai in sfaldamento spuntavano piantine, attecchivano nuovi alberelli, chissà se poi cresceranno davvero… Ma il dubbio che mi ruzzolava in testa era: “se quello che noi chiamiamo guerra è dunque inevitabile nel caos della natura, e allora perché c’è chi sostiene che dobbiamo fermala? Che questa non è la strada giusta per una umanità evoluta!”
«Guarda che sono cinque minuti che fissi quel tronco!», mi urlava Lei e poi se ne andava da sola ammirando il luccicare delle onde delicate e lente sulla superficie azzurra del mare còrso.
Insistente sentivo pungermi un orecchio, come se i pensieri dell’ippopotamo vi avesser messo una pulce dentro …
Come ragionava? Pensavo e il tronco mi rispondeva, il suo intento era sconvolgermi?
-L’uomo, l’umanità, si è creato una giustificazione tutta sua per accettare la propria arroganza (gli piace poco chiamarla istinto) e l’opposto: la propria sensibilità. Come si fosse creato un mondo tutto suo, giustificativo e bipolare che lo ha portato a concepire l’algoritmo (una cosa chimico-fisica che sviluppa il pensiero) dominante: il tempo. Tu dirai: anche lo spazio! Ma ti dico che è soprattutto il tempo che influisce, perché è da esso che è nata l’angoscia dell’eternità. Da essa sono stati propagandati i pensieri di ricordo e di memoria e da questi tutto un rincorrersi di gesti, riti, convenzioni per “non-morire”. Anche tu chissà quante volte pensi a come sopravviverai alla tua fine, e pensi che la memoria sia una soluzione giusta e ti pensi già in un loculo con il tuo nome “per sempre”. Illusioni, cioè sono modi umani per restare in gioco. Invece, in natura, lo scacco matto è la strada maestra per il ritorno in circolo nel caos. Del resto, finita una partita a scacchi, questi son sempre buoni e ne possono fare altre, di partite, all’infinito, quindi fuori del tempo! –
Sai come corrono veloci i pensieri, gli algoritmi si concatenano più veloci del pensiero realizzato, per questo oggi noi umani usiamo i super calcolatori per pensare quello che non sappiamo pensare; con quella rapidità balenavano dentro di me appunti e quesiti: bipolare. Mi intrigava. E andavo cercando una spiegazione a me plausibile. Non feci a tempo, il pensiero dell’ippopotamo mi sovrastò di nuovo.
-Ad un certo punto della Storia qualcuno se ne accorse che la strada della supremazia non era “umanamente” giusta, nel senso degli algoritmi (valori?) che nel framilionidanni erano emersi….
Emersi come da un magma del caos, che genera cose sempre diverse. Ma era assai “tardi”, nel senso che è poco fa e la maggior parte delle comunità umane sono ancora in piena supremazia. Tra loro, vedi i 59 conflitti armati aperti nel mondo! Senza contare gli espropri di terre, acque e foreste che i capitalismi producono ogni giorno umano! –
Il sole batteva, ancora come prima, sulle chiome dei pini e dei sugheri squamosi della pinetina in cui mi ero incantato. Lei senz’altro era rientrata nell’appartamento: una bella doccia e un fresco shampoo e balsamo non se li stava facendo mancare, senz’altro! Magari aveva raspato nel sacchetto della rosticceria, depositato in frigo, per raccattar qualche straccio di pollo arrosto da dare elle gatte del villaggio vacanza “Sole e Mare”. Ecco Lei faceva parte della banda degli amici della natura … non voglio che l’ippopotamo fantastico mi dica che sono bazzecole … quindi il mio pensiero vola via svelto e mi sovviene …”il sole, la luna, le stelle, il vento, l’aria, le nuvole, il cielo, l’acqua, il fuoco, la terra…” tutti fratelli!
E così ripresi a sentire i pensieri epifanici …
-Ti dicevo: ad un certo punto della Storia qualcuno se ne accorse che la strada della supremazia non era “umanamente” giusta, e da allora (da poco, per la eternità del caos universo) è iniziata la vostra storia per la nuova lotta. Guerra, diamine, la sopravvivenza produce sempre contrasto, chi in natura ti lascia il posto? Il posto nel caos è di chi lo occupa! Questo concetto vale bene per la invasione dei territori ucraini da parte della Russia, ma valeva prima per gli ucraini che non volevano che la popolazione parlasse il russo.
“Noi possiamo cambiare il mondo” è lo slogan che una parte delle tue genti umane adottano da qualche millennio, cioè da poco, e intanto vivono in mezzo alla legge del capitalismo e della sopraffazione, che continua a non risparmiare alcuno o alcuna. –
La ranocchia cominciò a gruacidare, il suo vociare proveniva dal fossetto alla mia destra, all’inizio della piccola pineta in crisi. Mi voltai, pensavo ai delitti familiari, ai femminicidi, cioè a chi ammazza per un egoismo così piccolo come la supremazia in famiglia o tra conoscenti. Come è difficile seguire i pensieri dell’ippopotamo. Ti portano sempre a fare riferimenti concreti, e a pensare a quante illusioni creano i pensieri degli umani agli uomini e alle donne. E mi incarto nel pensiero di quanto sia difficile mestare il caos per affermare i diritti umani e cercar di creare un Eden nella Terra del caos.
Non ci capivo più nulla, l’ippopotamo era tornato di legno, i pensieri erano svaniti, anche i suoi, non più rumorosi ed acufeni. Mi guardai intorno e, invece di continuare avanti verso casa, feci quarantanove passi indietro e mi misi a riguardare sotto i pini e sotto i grandi sugheri. A destra, verso il mare, c’era la scogliera posticcia anti-erosione, a sinistra dei tronchi spogli erano stati stesi a mo’ di cordolo per un giardino impossibile. Si capiva che avessero ricostruito un giardino fantoccio sotto quegli alberi: gerani, cactus, ibiscus, cisto … rosmarino … La domanda spontanea mi venne così: cosa hanno voluto fare? Così mi sono fatto un filmino: visto che il mare mangiava la pineta, visto che la amministrazione locale aveva ben pensato di combattere l’erosione, perché non fare azione di ripopolamento vegetale in quel terreno violato? Lì vicino, a 50/80 metri c’è la scuola del paese. Sarà stata una esemplare pensata di intervento didattico a favore della educazione ambientale, in modo da rinfocolare il senso di colpa che si insegna a scuola e altrove: bisogna rimediare a quello che valutiamo disastro, almeno abituarci a usare cure pagliative.
Mi sentii arrossire, non so se mi stavo vergognando, certamente avevo voglia di cambiar pensieri e riflessioni. Non avrei voluto sentirmi plagiato dal pensare neutro dell’ippopotamo.
Cambiai direzione, ripresi a camminare verso l’appartamento, un certo languore lo sentivo allo stomaco, la pastasciutta al tonno e odori che avrei cucinato m’avrebbe giovato. Avrebbe riportato il mio stomaco in vacanza.
Un’altra sessantina di passi e sarei brevemente sceso al guado del canale che scola al mare l’acqua della laguna posta poco a nord. Lì una o forse un ranocchio faceva il solitario, cioè il naufrago appollaiato su un pezzo di canna galleggiante. Era placido e silenzioso, asciugava la sua pelle al sole, i girini a riva scodinzolavano smuovendo la sabbia sul fondo. Sorrisi. Feci una fotografia e tirai di lungo.
Caro Porto Scompiglio,( mai nome è stato più azzeccato) ciò che scrivi è sempre interessante, fa riflettere e pensare, difficile è l’interpretazione del tuo pensiero, difficile fare un commento appropriato. Per me ci sono leggi universali che regolano il nostro agire, il mio pensare e la mia osservazione su ciò che ci circonda viene dalla consapevolezza e dall’importanza della resilienza sia dell’uomo che della natura agli eventi che si presentano. Buona Vita Renato!
Il tuo incontro con “l’ippopotamo” è stato interessante.
Eh si,” il tempo che passa non torna più”
“dai il tempo al tempo”,
“facendo male, sperando bene, il tempo va e la morte viene”
Per “lui” (l’ippopotamo) il suo tempo è “arrivato”.
“tutto ha inizio e tutto ha fine”….
Il tempo non si ferma, ma cambia naturalmente. Ogni uno porta con se il passato. I cambiamenti sono si fermano.
Caro ippopotamo, devi avere pazienza, il tuo tempo non è finito, è solo sospeso, presto arriverà per te nuova vita. Forse una vita beata……….senza guerra, senza covid. Tutti fratelli. Tutto cambia. Niente è eterno.
Buon proseguimento.