Ospitiamo volentieri il racconto e i collegamenti informativi di Maria Rosa Rigali, del gruppo degli Adultiancoraascuola.
Quando a Barga ci mettiamo l’articolo diciamo “la Corsonna”. Ma è un torrente e forse dovremmo dire il Corsonna. Chi come me è una nonna oggi può dire che quel torrente ha fatto parte della sua vita. Con la mia famiglia abitavo in Via del Giardino, il nonno Pietro e la nonna Mariuccia avevano i campi in Sigliari e quello era un po’ il loro luogo di lavoro. Tagliavano per via Sant’Antonio, passavano accanto al villaggio UNRRA e poi giù verso Sigliari, ai campi. Ancora più sotto scorre la Corsonna, poi, se la si attraversa si arriva a Castelvecchio. Anche durante l’inverno la nonna Mariuccia andava a lavare i panni in Corsonna. Lo stradello è ripido, ma lei lo faceva sia all’andata che al ritorno coi panni in collo. In giù era facile, raccontava, asciutti e discesa, ma il ritorno era duro: panni appesantiti perché bagnati e la salita! E le tinozzate di roba diventavano sempre più pesanti con l’età che avanzava.
Spesso, di domenica, attraversavo la Corsonna andando con la mamma a trovare la zia Rosi a Castelvecchio. Anche la nonna Mariuccia a volte veniva con noi e a piedi attraversavamo il torrente passando su un ponticello malsicuro, traballante, di legno, che ancora ricordo con apprensione. Che paura! Dovevamo attraversarlo una alla volta. Sento ancora le acque scrosciare, sotto, tra i massi, mi sembravano minacciose, avrei voluto tapparmi le orecchie, ma dovevo fare attenzione a tenermi in equilibrio. Mi veniva in mente il tragico racconto di quella bimba che fu portata via dalla piena, mentre attraversava. La ritrovarono poi senza vita alla foce, giù all’Arsenale, sulle rive del Serchio.
D’estate era meglio, andavamo al Lello. Poco prima del Ponte di Catagnana, una strada sterrata scendeva tra le selve e passava davanti ad un bel mulino, quello del Lello, appunto. La gente della casa, sentendoci vociare, anche non volendo ci sentiva e ci salutava, cordiale e allegra; la mamma, le amiche ed io rispondevamo sorridenti al loro saluto, scambiando qualche parola. Proseguivamo senza fermarci con sulle spalle la borsa della merenda: pane, affettato, frutta e acqua. Guadavamo il torrente saltando da un sasso all’altro per andare all’altra sponda dove c’era un bellissimo prato verde, pari, pulito, senza sabbia né sassi. Nell’acqua della Corsonna riuscivamo ad immergere solo i piedi, perché era gelida; un frigorifero naturale, tra i sassi immergevamo le bottiglie perché il loro contenuto rimanesse fresco. Per noi c’era un momento speciale, quello di quando stendevamo la tovaglia con cura, preparando per la nostra merenda. Forse perché era insolito apparecchiare sull’erba. Era più festa così!
Contente del sole, dei sapori che in bocca si scioglievano, e dell’acqua! Che in quella stagione sentivo ancora brontolare tra i sassi, ma non mi faceva paura. Poi il vento che faceva tremolare le foglie ci faceva compagnia, ci riparavamo dal sole sotto gli alberi, c’era silenzio; ascoltavo il canto degli uccelli e distinguevo i rumori delle poche macchine che percorrevano la strada per Castelvecchio che passava un po’ più su. Erano così le nostre domeniche!
Quando, poi, fui studentessa delle superiori capitava che con le amiche, con i libri, un cuscino e un po’ d’acqua, andassimo laggiù a studiare, sedute su un grande sasso pari; lì, tranquille, accarezzate dal vento, baciate dal sole, coccolate dal brontolio inesorabile delle acque, ci sentivamo più invogliate allo studio.
Da mamma ho portato spesso lungo quelle rive della Corsonna i miei figli a giocare con i sassi, con l’acqua, ad ascoltare i rumori e sentire i profumi; loro si divertivano un sacco anche solo a vedere gli schizzi provocati dai sassi scagliati nei bozzi d’acqua, e ne volevano tirare sempre di più grossi. Mi toccava intervenire per fermare quei piccoli Davide.
Ricordi indelebili dei bei tempi andati. Oggi, ogni volta che mi avvicino alla Corsonna, sono presa da un turbinio di sensazioni, di ricordi e di rimpianti, da farmi venire le lacrime agli occhi!
Una mia vecchia compagna di scuola mi racconta che la Corsonna era sua amica. Ogni giorno l’attraversava per andare a scuola; allora non c’erano pullman e scuolabus. Così i suoni del flusso variabile dell’acqua del torrente le facevano compagnia durante il cammino, sembrava le parlassero raccontando, ora dal fragore della piena che volte la spaventava, ora dalla voce argentina delle sue acque fruscianti tra i sassi che la rasserenava. Il suo stato d’animo di bambina rimaneva influenzato dal variare della Corsonna durante le stagioni. Allora non le sembrava eccezionale. Ora, ricordando, se ne sorprende. Anche lei era una di quelle che veniva in Corsonna a studiare, vi cercava la calma e la concentrazione per lo studio. A quei silenzi che la accoglievano lei ripeteva a voce alta le sue lezioni per ore. Ne riceveva protezione e libertà, anche quando era da sola, del resto chi abitualmente frequentava quei posti erano le persone impegnate nella cura dei campi circostanti o passanti dal volto familiare che, dai paesi collinari, raggiungevano a piedi il mulino vicino o si dirigevano verso Barga capoluogo.
Eravamo giovani. In estate, durante le vacanze, la Corsonna diventava “il mare” di Barga: tanti giovani andavano, si tuffavano nei pozzi sotto le cascate dove l’acqua era più alta, si ritrovavano al Candino, sul ponte e nella diga che attraversa la Corsonna verso la Moma, per Albiano. Che l’acqua fosse fredda era un dettaglio e dove l’acqua non era abbastanza alta per far due bracciate costruivano argini come muretti improvvisati dove l’acqua doveva incagliarsi, così un po’ si riscaldava anche, rendendo il bagno più piacevole. In Corsonna c’era un volteggiare di merli acquaioli, sia nel senso proprio che nel senso metaforico, ci piacevano quei giovanotti che sguazzavano, nuotavano, scherzavano e con i quali condividevamo pomeriggi da barghigiani in Corsonna. Ma c’erano davvero merli che costruivano il nido nelle crepe del ponte sulla cascata, si tuffavano improvvisamente nella corrente o frullavano vicinissimi alla superficie. L’estate era estate per tutti.
♥ ♦ ♣ ♠
La Corsonna, i Mulini, la Fabbrica.
A proposito del o della CORSONA, leggi cosa scriveva Emanuele REPETTI, geografo, storico e naturalista italiano nato a Carrara il 3 ottobre 1776 e deceduto a Firenze il 12 ottobre 1852: segui il link
HTTP://STATS-1.ARCHEOGR.UNISI.IT/REPETTI/DATABASE.PHP#PAGE_1 , poi scrivi Corsonna nella cella di ricerca in alto a sinistra, clicca invio, poi sotto clicca su toponimo. LEGGI …
2009 –BARGA. Anche Emilio e Raffaello LAMMARI hanno scritto cose interessanti a proposito de I mulini ad acqua nel territorio di Barga:
“I mulini furono costruiti lungo corsi d’acqua e dove esistevano le condizioni morfologiche che garantissero un sufficiente salto idrico. Erano situati sempre in luoghi freddi e umidi, dove nei gelidi inverni i mugnai erano costretti a vivere e a lavorare.
I mulini furono anche punti di incontro e di socializzazione. Ci si incontrava e ci si soffermava portando il tuccio, in attesa del turno.
Erano impianti di prima necessità per l’ economia di gente che sopravviveva con gran sudore, fatica e spesso miseria, coltivando piccoli pezzi di terra.
L’ esistenza dei mulini ad acqua nel territorio di Barga è testimoniata da quello che rimane di più di quaranta costruzioni, di vario volume e forma architettonica.
Il mulino di San Cristofano, dove fu ritrovata nel XVI secolo l’ icona della Madonna, oggi non esiste più; si trovava sull’ argine destro della Corsonna, sotto la località S. Maria.
Questo mulino è ben descritto in una delibera comunale del 30 dicembre 1788: aveva cinque macine con un frantoio e batticanapa, fu totalmente demolito e portato via dalle acque del torrente.”
La Fabbrica. Il minerale di ferro che veniva fuso nell’altoforno proveniva dall’Isola d’Elba, che all’epoca era il più grande centro di produzione minerario di tutto il Mediterraneo. Il minerale giungeva via nave sino a Pisa e successivamente coi muli
veniva trasportato a Barga. La fabbrica della Ferriera posta nella stretta valle della Corsonna in mezzo alle montagne è un luogo, che oggi sembra assai scomodo per impiantare una fabbrica, all’epoca era invece ideale, infatti per alimentare l’altoforno, oltre all’acqua per i mantici idraulici, servivano grandi quantità di carbone, ed i boschi della montagna barghigiana erano una delle zone di maggior produzione della Toscana.
Maria Rosa, complimenti, è interessante conoscere come siamo cresciuti.