adulti ancora a scuola

Il ciclone I A – Luci ed ombre

 

C’è un lato celeste e sorridente, ma anche il lato grigio e nero nella Intelligenza Artificiale conversazionale.

Gli Adulti Ancora A scuola hanno appena terminato il laboratorio dedicato all’intelligenza artificiale. Tutti ormai possono avere anche sullo smartphone le chatbot conversazionali, o modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM). Il percorso in classe ha avuto come pratica centrale quello di “imparare a conversare con i modelli di AI e a ricavarne benefici, per documentarsi su come usare i prompt ed equipaggiarsi di accorgimenti per migliorare pensiero critico personale, cosa indispensabile per non cadere nella credenza della infallibilità degli output di AI.”
Abbiamo usato in classe alcune delle applicazioni di intelligenza artificiale, come Gemini, Claude, Copilot, ChatGTP, Open AI, Deep Seek …. cioè con un termine generale alcuni dei sistemi di intelligenza artificiale progettati per simulare una conversazione con gli utenti umani, sia tramite testo che voce.
La chatbot, per gli sprovveduti, è “peggiore” del motore di ricerca (es. Google), perché generalmente organizza la risposta in un modo convincente anche quando passa inesattezza, pregiudizio e pensiero unico; il motore di ricerca ha il pregio di individuare fonti alle quali tu devi collegarti e da lì raccogliere le informazioni adatte allo scopo della tua ricerca. Certo, è una metodologia che richiede intelligenza, metodo e pazienza: di solito il risultato è personalmente pertinente. La Chatbot di AI è rapidissima a fornirti discorsi e solo per questo ti affascina, e attraverso questo meccanismo fa parlare con le sue risposte le persone impulsivamente affascinate e fiduciose di tanto di quello che passa per il web, come ci sono quelle per la televisione e oggi per facebook, bevono informazioni e si fanno credenze senza aver usato un minimo di vigilanza (“se lo dicono, perché dovrebbero dire il falso”). Ingenuità fatta cittadinanza!

Il professore, in classe con gli AAAS, spesso faceva rilevare quanto sia importante il controllo delle informazioni che riceviamo raccomandando di non prender niente per oro colato, ed in modo particolare quando si tratta di tematiche relative alla vita, alla cittadinanza, alla politica, alla religione, alla diversità, ai diritti. La obiezione che più volte è saltata fuori da quegli studenti adulti “.. eh sì, ma a saper fare! Ci vuole cultura, conoscenza che spesso non abbiamo, ed è la ragione per cui chiediamo aiuto alla AI…” Il prof. sorridendo un giorno ha aggiunto “ma siete persone sagge, per questo siete tornate a scuola!”
Questo è un aspetto cruciale dell’argomento, ed anche il suo problema. Per questo in classe degli adulti ancora a scuola motivo di interesse è stato il comprendere come si ri-forma la vita sociale nel contesto di cambiamenti tecnologici epocali.

Quindi da una parte c’è l’esigenza di adattarsi “all’inevitabile” progredire delle tecnologie della informazione.
Ma, dall’altra, c’è la certezza che esse siano usate anche come strumento di controllo delle masse delle persone, delle loro opinioni con l’intento neppur tanto nascosto di far passare un Pensiero Unico. La solita cosa che è avvenuta storicamente ed avviene con l’uso strumentale di certe religioni: portare ad un dogma, un principio specifico di una dottrina.
I valori democratici sono gli orfani di questo fenomeno storico, anche questa volta con la AI conversazionale! La AI conversazionale non ha il senso della realtà e valori cui mirare. Ha una grande base di dati raccolti dagli umani, ma sono organizzati in modalità statistica, non ha intenti educativi per il benessere di tutti nelle società. Riguardo ai pensieri predica una summa da “un colpo al cerchio e uno alla botte”, o non predica affatto, come vedremo più avanti. Del resto, altri “princìpi” guidano la economia, la finanza, la politica mondiale: l’accaparramento ed il dominio sono due di quelli.

Che vuol dire questo? Che attraverso le chatbot le informazioni spesso non sono pure informazioni, passano informazioni addomesticate, filtrate, indirizzate. Ed è difficile per chi ci chiacchera assieme riconoscerne il limite e l’indirizzo di plagio. Nel teatro dei social i potenti (gli imbonitori) sono attori principali.

È per questo che nella programmazione del corso-laboratorio degli AAAS si legge: “Promuovere un approccio critico: imparare a valutare criticamente le informazioni generate dall’IA, evitando di cadere nella credenza della sua infallibilità.” Ed il pensiero critico è un obiettivo centrale della scuola, almeno inclassemia, dove una meta è rafforzare la capacità di organizzare, verificare e valutare correttamente le informazioni. Si insegna ad utilizzare criteri espliciti e coerenti sia quando riceviamo che quando generiamo le informazioni.
Altra meta dell’apprendimento è la consapevolezza di sé. Favorisce il cammino il metodo adottato che ha come strategie la autovalutazione e il confronto.
Alfabetizzazione mediatica e pensiero critico sono strettamente connessi nel percorso degli adulti ancora a scuola, quelli della esperienza che si svolge da cinque anni a Barga (LU).
“Il pensiero critico è un’abilità essenziale per diventare una persona che pensa in modo autonomo e non si lascia contagiare in modo sconsiderato dalle idee in voga o da quelle che alcuni gruppi o persone manipolatrici vogliono imporre. Nonostante ciò, è anche una capacità rara in una società progettata per dirci cosa pensare, non per insegnarci a pensare.”

L’intelligenza artificiale, cioè i modelli di chatbot conversazionale ampiamente diffusi hanno al loro interno anche una censura, cioè una chatbot non dovrebbe rispondere a certi prompt, adducendo scuse. E questo avviene soprattutto quando si chatta a proposito di libertà, di diritti, di violazioni delle regole internazionali già condivise.

Riferisco qui dell’episodio accadutomi stamani. Il mio impegno di insegnante è di aggiornarmi e valutare gli strumenti didattici che propongo.
Ieri, 3 Maggio 2025, è stata la giornata della libertà di stampa.
Aperta Deep Seek, chat con AI, ho chiesto (prompt) “Vorrei conoscere lo stato della libertà di stampa nel mondo e nella EU, i dati degli osservatori internazionali.”
Prontamente Deep Seek ha fornito risposta e dati, ho fatto appena a tempo a leggere tutta la risposta (output) che è sparita! E al suo posto un biglietto di scuse, come si vede nella schermata qua riprodotta. “Scusa, quello è aldilà del mio ambito corrente. Parliamo d’altro.”
Ho provato di nuovo, invano.

Quindi ho chiesto spiegazioni:

LA RISPOSTA È STATA IN LINGUA INGLESE E SU UN LIVELLO DI SCRITTURA NON SELEZIONABILE e che, quindi, non offre la possibilità di essere copiata direttamente. Ho fatto però gli screenshot, ho fotografato il tutto in più schermate. Poi in italiano il pacchetto finale di parole con le scuse:

“Mi scuso per qualsiasi confusione causata! A volte possono verificarsi errori tecnici o ritardi nel sistema che portano a risposte duplicate, modifiche o cancellazioni involontarie. Se ho inviato una risposta e poi l’ho corretta o eliminata, è probabile che abbia rilevato un errore nel mio messaggio iniziale (come informazioni incomplete o inesatte) e abbia voluto fornirti una versione migliore o più accurata. L’obiettivo è sempre assicurarmi che tu riceva la risposta più utile possibile. Grazie per la tua pazienza! 😊

La conclusione è che esistono censure di sistema, come anche in classe abbiamo sperimentato. Ho riproposto con una nuova chat alla stessa DeepSeek pochi minuti fa con l’identico prompt, questa volta in lingua inglese. Anche questa volta mi ha risposto, ma giunta al termine lo ha cancellato ed ha postato lo stesso identico messaggio di scusa!

Ieri, 3 maggio 2025, è stata la Giornata Mondiale per la Libertà di Stampa. Nel mondo c’è un peggioramento generale e in particolare l’Italia ha registrato un calo nella classifica posizionandosi al 49° posto. Questo è il peggior risultato per un Paese dell’Europa Occidentale.

A proposito della libertà di stampa e di informazione, certo, la questione non si liquida con slogan o con discorsi di pancia. Neppure con classifiche. La realtà è complessa e ne farò oggetto di un nuovo articolo. RSF-Reporter Senza Frontiere pubblica il MAP – 2025 World Press Freedom Index

 

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