Italia 2024. Non è bastata una legge (19 maggio 1975 n. 151 “Riforma del diritto di famiglia”) a cambiare il mondo dove i poteri continuano a remare alla vecchia maniera: separare il mondo dalla conoscenza. Il cambiamento nei comportamenti e la maturazione del rispetto dell’altro/dell’altra possono avvenire soltanto con la pratica e la accoglienza. Magari anche insegnando la lingua nella sua aderenza alla vita e ai comportamenti. Per esempio indicare che la parola rispetto indichi qualcosa di umile e semplice (al contrario di incutere rispetto) e cioè ri-guardre, guardare, osservare con attenzione. E che esso sia un verbo attivo, cioè di una cosa che va praticata, non pretesa. Il primo rispetto dovrebbe essere il guardar bene per riconoscere il valore di persone e cose, come accade quando si usa la locuzione rispetto a … e ne segue una riflessione.
Lo spicinio di vite di donne che anche in Italia continua a praticarsi, un femminicidio ogni tre giorni perpetrato da maschi, è la conferma che il patriarcato, la misoginia e il femminicidio hanno ancora per una buona parte della nostra società un valore aggiunto per il quale vale la pena diventare delinquenti.
Il fatto che il 25 novembre sia giornata internazionale contro la violenza sulle donne, e che quindi la violenza dei maschi contro le donne sia diffusa in tutti i Paesi nel mondo, sta a indicare che sia un baco soprattutto nella mente dell’homo sapiens, e dei maschi delle culture sociali esistenti dove esso domina. Ammesso che sia la mente a guidare i comportamenti e non altre parti del corpo! Per esempio, per i cannibali, il mangiare i propri simili potrebbe essere guidato dalla pancia. 😏
Ciò può confermare che non siano le condanne e le pene a elidere il femminicidio, cioè la carcerazione e la pena in carcere o sul patibolo non hanno alcun effetto sul derimere la violenza contro le donne, sul pensarle inferiori e da sottomettere.
Andare contro lo stile di natura dei maschi sapiens (e delle donne insipiens che sposano il maschilismo come corredo mentale) lo può soltanto la educazione.
Quindi bisognerebbe iniziare dalla scuola … che insegni la accoglienza, la conoscenza, la naturalità di genere come il bene più importante, cioè come rispetto. E lo insegnasse come stile e propensione non soltanto a studentesse e studenti, ma anche alle famiglie, perché è lì che si annida l’eterno patriarcato.
È molto difficile parlare di queste cose in un articolo di giornale, poiché non si può ridurre ad un vademecum il desiderio di veder scomparire un comportamento che per noi è problematico e deprecato, ma che, invece di ridursi, si riproduce quasi sembrando che il femminicidio assuma un valore politico di reazione violenta al cammino del riconoscimento della parità dei generi diversi. E ci sono religioni, credenze e teocrazie che fanno da terreno di coltura del patriarcato e della dittatura maschilista. Al di là di ogni bel discorso sull’ordine sociale e sulle differenze culturali tra le varie etnie e i vari popoli.
Certo, la parità della diversità di genere, se la vogliamo considerare da universalizzare ha una strada in grande salita, visto che il concetto di parità nella diversità di sesso e di orientamento è un concetto alieno da introdurre nelle società storiche.
Il desiderio è avere una società positiva, propositiva, rispettosa, felice e priva di noie! Ma questo è progetto politico, non un sentire biologico. Fa parte dell’avventura della umanità che partendo da una miriade di comportamenti etnici ed economici diversi progetta di universalizzare comportamenti enunciandoli come Diritti, appunto, Universali!
Come gente della Terra, come Umanità, ci piacciono le cose universali, le progettiamo, ma poi prima o poi ci scoppiano in mano: guarda il caso dell’autorità dell’ONU e dei tribunali internazionali. Arriva d’un tratto qualcuno-particolare, che manda tutto o quasi a carte 48. Siamo o non siamo vicini alla terza guerra mondiale? Ecco, la guerra sarà quella che raggiungerà il traguardo: la universalità.
Tornando a bomba (<visto che diciamo di guerra).
Davanti al moltiplicarsi inarrestabile dei femminicidi, il ministro dell’istruzione, Valditara, ha colto l’urgenza e “La scuola è il luogo privilegiato per educare al rispetto e contrastare la violenza contro le donne”, “Educare alle relazioni, il piano di Valditara: 30 ore annue opzionali.”
Quindi lasciata alla buona volontà di insegnanti e studenti!?
Proposta insufficiente, la Educazione alle relazioni dovrebbe essere fatta, invece, in tutte le classi e non lasciata alla volontà dei collegi dei docenti. Dovrebbe essere strutturale, con un capitolato di spesa per essere svolta da personale specializzato e rivolta a tutti indistintamente gli studenti iscritti alle scuole.
Resiste l’idea che la scuola non si occupi in maniera sistematica di educazione sessuale e affettiva. Dovrebbe, invece, essere un percorso strutturale di ogni anno scolastico per parlare con gli studenti della loro vita, dei desideri, della sessualità, della famiglia, dei cambiamenti di un corpo, del giudizio sociale e di quello dei propri compagni, delle difficoltà che si incontrano, compresa quella diffusissima anche in Italia di essere poveri o di essere considerati poveri, della vita parallela e clandestina sui social.
Queste sono tutte urgenze che si riscontrano ogni giorno, alle quali una minima parte delle famiglie e delle scuole sanno rispondere strutturalmente. A scuola sono fortunate quelle classi nelle quali chi sta dietro la cattedra ne esce e inizia a ragionare con quello che sta sotto il banco. Il fine della educazione e della istruzione è formare soggetti che dovrebbero diventare persone dotate di coscienza critica e autoconsapevolezza.
Dopo quello che ho scritto qui sopra, il dubbio mi si consolida: c’è poca consapevolezza che nei curricula e nei percorsi di studio della scuola del mattino il corpo delle persone (quindi la vita pratica ed il crescere) sia alienato a favore delle discipline (le materie). La strada proponibile è trovare un nesso tra le soggettività incarnate e la produzione di conoscenze. Il corpo come punto di partenza per interrogare e cambiare le condizioni di potere: disertare il patriarcato è la meta.