adulti ancora a scuola

Cronaca da un passato prossimo

A girare per le strade ormai non se ne vede, o se ne vede poche, semmai in tanti continuano a indossarle nei supermercati, nelle sale d’aspetto, insomma dove c’è o si prevede affollamento. Sì, tra un po’ non saremo più nel paese delle mascherine. E l’Isola delle Mascherine sta per essere immortalata, per diventare una cosa della nostra Storia. Il racconto del viaggio degli Adulti Ancora
A Scuola è diventato un libro. Un libro della storia. Un racconto dell’era Covid19, che ha segnato il mondo di tante cose brutte e, per reazione, di esperienze di resilienza e di creatività.
Adesso c’è uno Story Book, con un contenuto largo e dettagliato, che verrà studiato anche dai posteri, soprattutto da chi si occuperà di educazione in età adulta. Questa notizia è ciò che leggeremo tra le notizie tra qualche giorno, a cavallo tra il 2022 e il 2023.
La Vicenda fantastica che nell’Isola si è sviluppata, dopo tre anni è uno spicchio della consuetudine dove quegli Adulti continuano a maturare traguardi non soltanto nell’apprendimento continuo di pratica informatica, ma anche di altro, e quel gruppo di persone affiatate sono parte della ricca insalatiera dell’associazionismo barghigiano.
Nata all’ombra delle mascherine, oggi l’esperienza si condensa in quel gruppo di AAAS che vanno oltre la semplice trasmissione scolastica, è un laboratorio, un semenzaio dal quale sono spuntati presentazioni multimediali, mix e sintesi attraverso la parola, l’immagine e il movimento; un blog condiviso, mix di informatica e di espressione attraverso la lingua, media di condivisione; Little English, avvicinamento ad una lingua seconda, praticata nel gruppo per sentire lo stimolo ad aprirsi a contatti internazionali; un libro, raccolta di esperienze e documenti di ciò che hanno vissuto gli AAAS durante il tempo del lockdown e oltre.

Perché non tutti imparano per tutta la vita? È una domanda che si legge ancora sul sito inclassemia.eu, quello che è stato usato per comunicare appuntamenti e istruzioni ai corsisti, durante la primissima fase d’istruzione a distanza, allora analfabeti digitali. Neppure loro sanno dare una risposta secca. Anche se di domande e di risposte hanno imparato a farsene e a darsene assai di più di prima. Semmai, in qualcuno, la domanda nuova è stata: “perché prima scollavo le spalle invece di pormi la domanda sul dubbio che intuivo?”.

Durante i giorni del Barga Cioccolata c’erano più buste profumate, prese ai banchetti, nelle mani del via vai delle persone che mascherine appiccicate sulle facce. Meglio così, significava che la festa ricominciava, che la resilienza aveva portato i suoi frutti. Un po’ di rinascita. Anche lei ha riacceso le ragioni di un trantran tranquillo e le è venuto in mente di chiedere a Negro Amaro: Il progetto per il futuro è scavare nel passato?
No, non erano sulla panchina gialla in fondo al ponte. Neppure nei pressi della gelateria. Pioggia insistente o in agguato, ingiusta per fermarsi a chiacchierare all’aperto.

Gli AAAS quella domanda non se la sono posta, ma il loro andare ha considerato soltanto la risposta alle loro esigenze. Per loro, per andare avanti, non c’è stato bisogno di nessuno scavo e di nessun disseppellimento, semmai erano loro a considerarsi archeologia. Hanno progettato qualcosa per il loro futuro, semplicemente pensando al loro presente e immaginando un futuro più dinamico e meno dipendente dal raffidarsi alle conoscenze elemosinate agli altri.

EVa entrò per prima, al bar Alpino hanno una veranda che guarda la piazza. Mentre prendevano un tè, i passanti intabarrati e sotto gli ombrelli facevano svagare i loro occhi. “Sai, è come se ci fossero due culture, o meglio due modi di agire, quello di chi gli piace sentirsi trastullare e l’altro di chi ha piacere a fare, a maturare cose e abilità nuove, magari studiando e impasticciando, ma poi avere la soddisfazione di dire “l’ho fatto!”
Al solito, Negro Amaro, rimaneva interdetto alle uscite di EVa, così stette zitto e ascoltava, in un certo senso pensava che non entrasse in nessuna delle due categorie che aveva descritto EVa. Comunemente, lui non se la sentiva di andarsi a far trastullare e neppure di darsi da fare per far da sé, quando poteva semplicemente affidar qualcosa agli altri. Ma stette zito, perché non sapeva se fosse stato proprio così. Non è facile sapere bene come siamo fatti.

Quello degli AAAS è un atteggiamento attivo, anche quando sono on-line le loro conferenze sono così, perché tutti portano qualcosa, danno il loro contributo, insieme agli altri e chi ne ha di più ne dà di più. Cioè, in un modo diverso dalle conferenze comunemente intese dove c’è chi parla e gli altri ascoltano e alla fine vanno via.
Sì, il discorso era finito su come avessero fatto e che costanza avessero avuto gli adulti ancora scuola di informatica pratica a resistere per mesi e mesi a incontrarsi e a fare cose insieme, senza stancarsi, senza reali cedimenti. «Almeno ad una conferenza di quelle solite uno sbadiglio te lo puoi permettere!», disse sghignazzando Nero Amaro. Poi aggiunse: «Penso che abbiano creato una condizione di benessere tra di loro, dove è bello apprezzare le cose di ciascuno, hanno una loro confidenza spicciola che sta nel solco delle loro aspettative. Lo vedo io a scuola, coi ragazzotti e le bimbe, ci son quelli che si scazzano sempre, si incontrano ma non stanno assieme, anche se poi devono essere vicini di banco, e ce ne sono altri che si salutano, stanno bene assieme e si ritrovano, anche se sono di classi diverse e abitano in paesi diversi.»
“Confidenza spicciola? Direi seria, sono tutte persone grandi, il loro riferirsi confidenzialmente agli altri dovrebbe avere una ragione di apprezzamento e di libertà, in più fanno sempre qualcosa insieme per quella informatica pratica, come si legge sul blog e sul sito di UniTre.”

«Io non ci vado mai sui siti, non so bene a cosa servano, vado su gugol se mi serve qualcosa, poi o la trovo o mi perdo e allora chiudo tutto. C’ho wozzap e poi leggo feisbuk, cose veloci, così sai un po’ di tutti e non c’è da leggere e faticare. E poi non mi riuscirebbe», raccontò Negro.

Quello di cui stavano discorrendo l’EVa e il Negro Amaro era interessante, un fenomeno diffuso, i social network sono sempre più il modo per veicolare e replicare non soltanto gli interessi commerciali, ma anche le semplici informazioni o discorsi, slogan, immagini e frasi celebri preconfezionate, cose che impressionano un utente e lui le replica al volo, non importa riflettere, è come una tirata di adrenalina. Per esempio, con i messaggi, anche su WhatsApp, finisce che ogni utente ha tante volte la stessa frase, la stessa immagine e non ci si accorge che col telefonino creiamo un cantico balbuziente, digitale ma balbuziente.
Qualcosa di simile lo raccontava Negro Amaro ad EVa. «Come bidelli della scuola abbiamo fatto un gruppo su WA per dirci le cose del lavoro, per passarci le consegne di turno in turno, per dirci che quella cosa è guasta, di avvertire qualcuno, eccetera. Bene, adesso è diventato un casino, ci mettono di tutto e foto e manifesti e cose personali. Prima, quando vedevo apparire l’avviso sul telefonino, mi affrettavo per leggerlo, adesso me ne frego, lo guardo poi. Si è perduto il senso del perché abbiamo creato il gruppo per il lavoro di noi bidelli.»

La tecnologia permette di semplificare e di diminuire i contatti tra le persone, le chiamate alla cornetta si evitano anche con il messaggio vocale. L’attenzione va posta non tanto su quello che ormai facciamo, ma su cosa ne facciamo del tempo e della confidenza.
Pensiamo di guadagnare tempo? E allora, cosa ne facciamo di quello guadagnato?
Oppure, evitare la vista o la voce diretta degli interlocutori è una scelta che convince di più e che richiede minor confidenza?
Le scorciatoie nella comunicazione sono un espediente sopraffino, rimane da sperimentare quanto sia a misura d’uomo o quanto esso misuri l’uomo. È messo in discussione il valore della presenza e della propria attenzione. Scorciare non significa avvicinare le persone; il metro potrebbero darlo le misure dei coefficienti di aggregazione e di divisione che generano.
In un Pianeta dove la supremazia si ottiene col denaro (anche il potere è figlio della ricchezza materiale), non fare incontrare le persone e tenerle effettivamente distanti attraverso il comunicare “convenientemente” a distanza, è un modo per dividere, non per aggregare.
L’aggregazione crea confronto, e il confronto allena a riflettere, spesso crea nuove prospettive. Le nuove prospettive possono essere dirompenti, per essere comprese occorre creare fiducia, confidenza. E la confidenza ha bisogno del tempo.
Per gli AAAS la confidenza non è un sentimento, tra di loro è stata coltivata, cresciuta a pezzi e a bocconi, con la prudenza del rispetto. Per stare in gruppo (e ché il gruppo funzioni) c’è bisogno di creare tra i membri una certa confidenza: proprio nel senso di certa, non di vaga e convenzionale. La confidenza reale si nutre di stima, non di salamelecchi. Con una frase che potrebbe sembrare uno slogan potremmo dire che in AAAS ognuno è riferimento per ciascuno.

“Il tè senza i biscotti è un po’ deludente, ma almeno m’ha scaldata.  Non solo le mani ma anche lo stomaco avevo ghiacciato!”, sospirò EVa Dritta, “Mi piacerebbe far parte di quella banda. Ma anche quest’anno non ho avuto il coraggio di andare in aula, da quel prof, e farmi insegnare di più sull’informatica. Di solito non sono pigra, e non è stata la pigrizia. Tornare a scuola è una decisione impegnativa e la mia motivazione attuale è bassa. Però, quel libro che stanno per pubblicare lo voglio leggere e magari vado anche alla presentazione e al pranzo che faranno per l’occasione.”
Lui la guardava perplesso, non si ricordava di aver sentito EVa incerta su qualcosa, non aveva mai notato che EVa rintuzzasse le sue voglie. La informatica pratica la intrigava, oppure no?
EVa aveva adoperato l’espressione quella banda. E per un verso aveva colto nel segno. Nel giugno 2021 gli Adulti Ancora A Scuola avevano indossato maglietta e cappellino, non proprio una bandana, ma una uniform.
«Sai EVa, a Barga ci sono tante persone, voglio dire tanti adulti, che studiano, ricercano, continuano a interessarsi per produrre cultura, ci sono tante associazioni culturali, ma non mi viene in mente che ci sia un’altra banda che sia formata studiando e sia finita per resistere così a lungo. Anche quest’anno pubblicano il loro Calendario 2023.»

Nei giorni di quell’autunno, la Pania, Bella Sempre, era troppo spesso mascherata dalle nubi, guardava verso l’Isola, ma non vedeva granché.

Una risposta a “Cronaca da un passato prossimo”

  1. Sai Eva cosa diceva mia Mamma quando per qualche mansione doveva “elemosinare aiuto” bimba ricordati, chi fa da sè fa per tre”.
    Alla tua età avrai capito che più ti rendi indipendente più sei libera. La libertà d’agire da sola te la deve creare. Dai retta, vieni con noi di AAAS, non rimanere un ‘analfabeta digitale, unisciti a noi nel corso d’ INFORMATICA PRATICA.
    Ti renderai conte quanto sarà veramente più pratica la tua vita.

I commenti sono chiusi.