2023 – AAAS, Little English Practice
Avevamo cominciato così: 2022 – “Dovremo partire dal lessico. In realtà, all’inizio, anche nelle scuole della gioventù e nei corsi dedicati si dovrebbe partire dal lessico.
Noi lo faremo per scelta, per praticità e perché la didattica attiva ha dimostrato di funzionare, anche con gli adulti.
Quindi prima il lessico, poi la sintassi e la costruzione delle frasi complesse.
Studiare il lessico significa studiare le parole, i significati, le variazioni di significato e all’inizio lo faremo comparando il testo inglese con la traduzione italiana più letterale possibile. Dobbiamo aspettarci che presto ci troveremo davanti ad espressioni inglesi che non potremo tradurre letteralmente, ma con una nostra parafrasi italiana (e viceversa -Molte di queste si chiamano espressioni idiomatiche-).
Ci divertiremo. Impareremo le parole che Emma ci farà incontrare leggendo, poi avremo bisogno di capire come le parole si collegano tra di loro per acquistare un significato di discorso.
Fare una frase tutta nostra in lingua inglese, e dirla, pronunciarla, sarà il primo obiettivo di produzione! Vedremo quanto ci aiuterà il mondo digitale e le sue applicazioni.
E nel frattempo avremo ascoltato la pronuncia e avremo ripetuto con la nostra voce le parole e il testo in inglese. Fare l’orecchio ad una nuova lingua è indispensabile ma non semplice, perché bisogna estraniarci dalla nostra ed entrare in una nuova melodia.
Insomma non cominceremo con le lezioni di grammatica normativa. Quella arriverà naturalmente via via che gli AAAS chiederanno o saranno sollecitati al farsi un’idea sui legami logici, del come cambiare un verbo, eccetera.
L’analisi logica e l’analisi del periodo verranno poi strada facendo.
Buon punto di pratica partenza potrebbe essere una pagina scritta da Emma sul blog.”
Quello che abbiamo fatto è stato buono, ma possiamo fare di meglio. Nello scorso ciclo, con lo scorrere delle lezioni e degli incontri la vecchia pratica della scuola italiana ha iniziato a riaffiorare. La impressione è stata che andassero crescendo gli apprendimenti, ma dando un po’ troppa importanza alla struttura grammaticale e alla teoria, diminuendo la disponibilità alla pratica dell’ascolto e della espressione in lingua2.
È più importante la corretta costruzione della frase o della espressione, o il fatto che uno si esprima anche “sbagliando”?
Ho detto qualcosa, avete capito? È corretto?
La prima domanda è in linea con Little English. La seconda tradisce un vecchio vizio: che devi fare la cosa esatta, piuttosto che farti capire!
Gli incastri della lingua vengono a poco a poco, e gli automatismi per costruire la lingua vengono a poco a poco, con la pratica! La teoria, la grammatica sono utili per riflettere.
Dovremo ascoltare di più, provare e ripetere di più. Assistiti e incoraggiati da Emma.
“Io venire domani”, ascoltavamo nei vecchi film dove chi era straniero, magari nero o pellerossa, lo doppiavano con un linguaggio grezzo. Buffo. Ma capivamo. Anzi lui si faceva capire. E il film filava avanti, tuttalpiù potevi sorridere. Ma capivi tutto.
Allora, se un inglese ti ascolta parlare grezzo, ti capirà? Certo! Quindi inizia imparando il grezzo e poi arriveremo anche il fine!
Questo è quello che in Little English Practice dovremmo fare di più quest’anno 2023. Tutti e senza timori. Vedremo come e ce la faremo.
Ci ho pensato spesso nella mia vita di insegnate di lingua italiana. Inclassemia la grammatica non era la prima cosa che mi premeva insegnare, ma la lingua sì! Così, poiché nell’istruzione ci sono dei canoni che in qualche modo devi assecondare, la prima “grammatica” che insegnavo era quella del periodo, della frase. Non delle parole. Insomma iniziavo dal discorso e non dalle paroline singole. Non dalla analisi grammaticale, ma da quella del periodo. È dal discorso che si estraggono le parole ed il loro significato, come abbiamo fatto da bambini: all’inizio sapevamo dire solo parole, ma erano parole che avevamo scelto da tante frase e discorsi sentiti intorno a noi. E quando le pronunciavamo, chi ci stava ad ascoltare capiva perché sapeva a quale contesto ci riferivamo.
Ero cresciuto nella scuola della lingua “dal vocabolo alla frase” e mi riusciva sempre male imparare a memoria per ripetere. Invece, da insegnante, preferivo che i miei studenti ripetessero e si esprimessero per memorizzare. Insomma, facessero pratica, imparassero un metodo per apprendere con minor fatica.
Da studente ero passato, come ancora molti studenti ci passano oggi, in una scuola in cui (non poche volte) ciò che si insegna ci sembra morto, per cui prima gli devi fare l’autopsia, poi forse ne capirai qualcosa. Come facevamo con il Latino, una lingua morta, anche se madre di molte lingue vive come l’Italiano. Insomma, ce la insegnavano così. E così c’è chi pretende ancora di insegnare le lingue, compreso l’Italino a italiani e stranieri. Possiamo anche fare in modo differente.
Quando io, ma pensaci, perché anche a te è successo lo stesso! A Tutti, per la loro lingua di nascita. Quando io ho imparato a parlare, a dire le cose e a dialogare con chi mi stava intorno ero così piccolo che a nessuno è venuto in mente di insegnarmi la grammatica semmai di farmi fare esercizi ripetendomi suoni parole frasi. Ascoltavo, immagazzinavo suoni, mosse, espressioni mimiche e accenti di tono, e poi a poco a poco ho detto qualcosa! Ho suonato una parola, o almeno chi mi accudiva diceva che avevo, già, detto ma-ma, pa, ta, ‘ngo. E tutti si meravigliavano. Ma importante era che CAPIVANO. Cioè cominciavo ad apprendere una lingua degli altri e a poco a poco sarebbe diventata la mia. Un mio amico che aveva genitori di due lingue diverse è cresciuto bilingue. E nessuno si è meravigliato!
Insomma, si apprende una lingua ascoltando gli altri, ripetendo, sbagliando, riprovando, venendo corretti, ripetendo ancora e poi di nuovo ascoltando …..
Emma quando è emigrata in Australia non ne sapeva un acca dell’inglese: ha ascoltato, provato a dire, a ripetere, a fare il suo discorso, è stata corretta (ma nessuno le dava 4, e nessuno le diceva che sarebbe stata bocciata e punita), veniva corretta, sentiva di nuovo la pronuncia e l’espressione corretta e così si rassicurava dei suoi progressi. Oggi mi appare più madre lingua di inglese che di italiano! Allora, lo so che siamo adulti e in qualche maniera anche matusa, ma il meccanismo umano di apprendimento migliore della lingua è quello naturale. Ascoltare, ripetere, vedere le reazioni degli altri, sorridere, rimanere imbarazzati, chiedere scusa, ripetere, farsi correggere e imitare: anche i pappagalli e i merli parlano, no?
Certo, noi vogliamo arrivare ad una autonomia di espressione del pensiero in una nuova lingua! Non spappagallare illogicamente, come Adriano Celentano in Prisencolinensinainciusol.
L’altra considerazione importante riguarda il fatto che, imparando la lingua da neonati, siamo immersi in quella! Cioè l’ambiente conta. E poiché noi, oggi, non siamo in un ambiente inglese e da soli e nel quale ci dovremmo arrangiare per farci capire e per capire gli altri, dobbiamo almeno costruire una situazione, far finta di essere in un contesto e poi seguire la regola semplice, dire parole in inglese (storpiato o no, ma in inglese). Come iniziare? “Ascoltando altri che parlano in inglese in una situazione (simulata) e ripetere e comprendere e rifare le cose e ridire le parole che gli altri dicono.”
Un gran lavoro chiediamo ad Emma. Essere la nostra guida, la voce che ascoltiamo e che ripetiamo. La guarderemo, ci sorriderà e ci ridirà la frase giusta, e noi ripeteremo.
Ce ne vorrà di tempo, ma riprendiamo il cammino in Little English. Vedremo che ci verrà spontaneo dire qualcosa in inglese ogni volta che ci incontriamo. Saremo immersi nella lingua inglese soltanto poche decine di minuti a settimana e dovremo impegnarci a cercarne fonti per almeno 20 minuti al giorno. Sarà un incontro on line e poi un incontro in aula, e così via. Vedremo quando e che cosa ascoltare, come costruire le situazioni in cui coinvolgerci nel parlato, vedremo quali stimoli (input) useremo per apprendere espressioni e vocaboli utili a farci esprimere.
Si impara la lingua con la pratica. Ascoltare, iniziare a dire parole, senza timore e con intento positivo, senza stress
Ascoltare-ripetere-sbagliare ed essere corretti- ascoltare- imparare e ripetere, ascoltare …. e ricominciare il ciclo.
Adulti (come i bambini) immagazziniamo parole nella memoria di lungo termine quando utilizziamo la lingua in maniera attiva.
In presenza si attiva una interazione che utilizza i 5 sensi e così l’impressione sarà maggiore. Il livello emozionale è fondamentale! (Lo sai bene, perché è quello che ti blocca…) Quindi deve essere un livello positivo, antistress, quello che dovremo attuare nelle nostre simulazioni di ambiente di lingua inglese.
Dire cosa? Il fine è quello di arrivare a parlare per esprimere ciò che sei, ciò che pensi, ciò che fai, come ordinare un caffè al bar.
Come? Ascoltando, ripetendo, parlano e soprattutto avendo un feedback, un riscontro di correzione e di incoraggiamento.
Così avremo a disposizione le parole e le espressioni più usate in ogni contesto nel quale simuleremo di essere. (anche il bambino ode e vede scodellate parole e suoni, espressioni e movimenti e azioni conseguenti)
Emma, e speriamo che qualche altra/o madre/babbo lingua si unisca a noi per affiancarla, sarà la nostra coach (mamma e babbo se fossimo infanti).
Esporsi al giudizio degli altri e rischiare di fare figuracce è quello che dobbiamo fare, solo così si automatizza la lingua e si inizia a pensare in inglese. Anche il Graziano quando a vent’anni emigrò in Scozia non sapeva un acca dell’inglese. Figuracce e progressi enormi, a lavoro ci trovò moglie scozzese, divenne caporeparto in una fabbrica di farmaceutici, ….. Insomma, la pratica vince.
Ancora una riflessione personale. Quello che so della lingua straniera lo so perché l’ho trovata nel mio percorso di studi medi e superiori. Ma anche per i viaggi e i soggiorni che ho fatto all’estero. Tuttavia, prevale la esperienza di studio. Oggi dico che è una cosa negativa. Ho imparato a scrivere l’inglese e a comprenderlo meglio se è scritto. All’università ho studiato su testi in inglese, ma poi li riferivo in italiano! In quel contesto era importante la teoria che rimaneggiavo, non la lingua dalla quale l’avevo appresa. Così, ascoltare per me è molte volte più difficoltoso che scrivere. Parlare per me è sciolto soltanto quando mi sento “in situazione” ed il mio stato d’animo è consono.
Penso che sia una cosa brutta, imbarazzante. L’inverso di quando ho imparato l’italiano, solamente a cinque anni sono andato ad imparare a scrivere … e sapevo parlare bene, come ogni bambino!
Adesso, poiché ad ogni cosa va fatta una tara, e quello che stiamo progettando va contestualizzato alla nostra situazione e alla nostra storia, costruendo momenti belli di apprendimento della lingua inglese secondo la prospettiva della pratica innanzi tutto, ma divertendoci. Le somme le tireremo poi.
C’è una bella esperienza nella nostra zona, della quale è promotrice l’Alessia Piccinini, insegnante di italiano per stranieri. TANDEM: persone di lingua italiana e altre di lingua inglese si incontrano saltuariamente parlando e ascoltando, intervenendo e chiedendo, a turno per le due lingue. Potremmo iniziare a partecipare.
Renato, il prof. in AAAS.