Il pensiero della scrittura.
Un altro pizzico di biografia raccontata da Emma di AAAS
Ho visto mia mamma scrivere tante lettere ai miei nonni e parenti in Italia quando siamo stati emigranti in Australia per dieci anni, dal 1958 al ’68.
Anche se molto stanca, dopo una lunga giornata di lavoro e con la famiglia numerosa da accudire, la sera dopo cena si metteva seduta al tavolo di cucina e scriveva lunghe lettere. La osservavo mentre si preparava: carta e penna, busta. Si accendeva anche la sigaretta. Ogni tanto si fermava per pensare e poi riprendeva il suo pensiero di scrittura.
Ha scritto, con costanza, una lettera alla settimana per dieci anni. Ammiravo la sua calligrafia.
Andavo con lei, la mamma, al post-office più vicino per spedirle. Le sue lettere raccontavano di come trascorrevamo le nostre giornate in quella terra tanto lontana. Mia mamma raccontava le cose belle, anche se qualche volta si presentavano momenti complicati, su quelli preferiva sorvolare (skiping). Si giustificava dicendo che non era necessario dare preoccupazioni a loro, erano troppo lontani per capire. Le piaceva scrivere, specialmente per far sapere come crescevano le figlie. Dal momento in cui sono stata in grado di scrivere, iniziai anch’io a mettere i miei saluti alla fine di ogni sua lettera. Quando sono stata più grandicella la mamma mi spronava a scrivere lettere tutte mie. Ricordo che dovevo cercare di spiegarmi molto bene perché non volevo che ci fossero dei malintesi. A lei permettevo di correggermi soltanto per controllare le parole con le doppie lettere, perché a scuola studiavo in lingua inglese, non studiavo l’italiano. Ma non volevo assolutamente che mi imboccasse frasi o pensieri da scrivere. Mi piaceva tanto scrivere di me per farmi conoscere. Non mi piaceva, però, la mia calligrafia.
A quel tempo, in Australia, facevamo tante foto. Ricordo che la prima fu fatta in uno studio fotografico in Collins St. in the city. Quella foto si fece poco dopo il nostro arrivo a Melbourne perché i miei genitori volevano far vedere ai nonni che eravamo arrivati sani e salvi e stavamo bene. In quella foto ero ancora figlia unica, così mi definiva mia mamma prima che nascessero le mie sorelle. Quel giorno il mio babbo e la mamma si vestirono bene. La mamma mi fece indossare un bell’abitino e mi pettinò con le treccine come piaceva a lei. Quello studio fotografico aveva un background (sfondo) molto romantico. Dava a vedere un giardino con le scale che portavano su di un bel terrazzo. Avevo cinque anni quando posai per quello scatto e non ricordo altri particolari.
Spesso l’ho vista confezionare anche dei pacchi, erano pieni zeppi di tante cosine da spedire ai parenti al paesino, in Italia. Mia mamma considerava che loro avevano bisogno di certe cose. Qualche volta le facevo notare che nemmeno noi avevamo quello che lei spediva a loro. Ma lei era molto generosa. Anche mia nonna ci rispondeva per lettera e mia mamma era contenta di trovare la sua posta nella cassetta. Ricordo che una volta la nonna ci mandò degli orecchini, a tutt’e tre noi sorelle (nel frattempo erano nate anche Maria e Loretta) erano navicelle molto belline in oro giallo. Per il mio quindicesimo compleanno (1968) mi fece ricevere un bell’anello con la pietra azzurra, un’acquamarina incorniciata in oro bianco. A quell’età mi sembrava un anello adatto ad una persona adulta. Con il passare degli anni, quel regalo, per me ha assunto un valore affettivo senza prezzo. Quando eravamo tornati in Italia, la Zia Nella, sorella minore di mia mamma, pensava spesso a spedirci, da Melbourne, delle belle stoffe per tutti noi.
Conservo ancora adesso delle lettere che le mie compagne di scuola mi scrissero quando ero in Italia negli anni 1968 -’72. Dopo quella data arrivò il telefono e si scriveva di meno. Ricordo le lettere e le cartoline che mio marito, allora mio fidanzato, mi spedì durante il suo servizio militare (1971-72). Ho scritto tante lettere anche ai miei zii e zie che avevo lasciato in Australia. E mi piaceva. La zia Nella mi diceva che quando leggeva le mie lettere era come fossi lì accanto a lei a parlarle. L’arrivo della postina con una busta affrancata era sempre una bella sorpresa.
In quei lontani anni, scrivere una lettera e spedirla PAR AVION era l’unico metodo di comunicazione esistente. Con il passare del tempo arrivò il telefono nelle case e da allora… bye bye lettere! Non possiamo fermare il progresso della comunicazione e tutta la tecnologia continuerà ad andare avanti. Ed è giusto così.
Ma nel mio cuore rimarranno per sempre i momenti felici ed intimi che ho vissuto scrivendo una lettera accanto alla mia mamma Clementina.
Nota del Blog: questo è il terzo racconto di Emma, su questo blog trovi anche “Dov’ero c’era il futuro” e “Rientro dal futuro”. Segnaliamo alcuni link per documentazione e curiosità.
https://museumsvictoria.com.au/museum-at-home/
https://www.sjcliftonhill.catholic.edu.au
Clifton Hill, sobborgo di Melbourne, Stato di Victoria, Australia.
https://www.google.it/maps/place/Clifton+Hill+Victoria+3068,+Australia/@-37.7901957,144.9906786,15.39z/data=!4m5!3m4!1s0x6ad6430dab62da09:0x5045675218cd780!8m2!3d-37.7877787!4d145.0002125?hl=it&authuser=0