adulti ancora a scuola

25 APRILE. La democrazia non è più tanto di moda?

25 Aprile. Le democrazie non sono più di moda?

Questa mattina, il 16 Aprile 2023, alzandomi, al risveglio, Silver il gatto era ancora sul tavolo della grande cucina dove aveva passato la notte. Una eccezione per lui, dato che la sua casa è il luogo della sua famiglia, ma negli ultimi due anni la intende di più come luogo di incontro con le persone e con il cibo, sapendo che può chiedere altro se quello della prima offerta, sempre a disposizione sul mobiletto in un angolo del porticato, non l’aggrada. Un figlio viziato. E di solito rimane giusto il tempo del suo convivio, poi torna fuori, il suo ambiente preferito è all’esterno, anche nella notte, che per lui ha ancora significati felini, benché sia un gatto domestico. Saluta chiunque arriva con un leggero miagolio venendo incontro ed alzando la testina come per porgerla per una carezza. Un gesto che mi ricorda quello di un vescovo di Pisa che una mattina a Barga incontrai sul piazzale del duomo, allora deserto per l’orario di prima mattina: porsi un saluto di buona educazione, e lui avvicinandosi a me, giovìnetto, mi miagolò un buongiorno e mi porse la mano morta con dritto sopra un anello, con una pietra di un color porpora: aspettandosi il bacia mano? Per lui un riflesso condizionato. Per me una cosa buffa, non avevo ancora baciato una ragazza, figurati se avessi baciato l’anello sulla mano di un uomo, per di più bardato in un costume diverso dal mio.

Silver si è stirato, poi è corso verso la porta d’ingresso guardandola e miao miao, per chiederne l’apertura. Verso la sua libertà. E così siamo usciti assieme sotto la tettoia e poi nel prato, ho visto la Pania, Bella Sempre sull’orizzonte, il cielo assai limpido, l’aria fresca del tipo invernale, un venticello gelido. Ancora l’inverno non è passato.

Le associazioni dei pensieri sono spesso sorprendenti, sorprendono anche il cervello che le partorisce: ma che tempo avrà fatto il 25 Aprile 1945?

L’Aprile 1945 fu uno dei più caldi degli ultimi due secoli in Italia. La meteorologia ebbe un ruolo chiave anche nella II Guerra Mondiale. Sul sito web di ilmeteo.net ho letto “fra il 19 e 20 aprile 1945 un anticiclone con massimo in superficie fra Francia e Regno Unito .. le temperature massime al nord erano decisamente tiepide, 26-28°C. … Il 25 aprile era presente un campo di alta pressione al suolo … Condizioni dunque favorevoli al bel tempo, con temperature diurne sui 18-20°C. I filmati storici del resto mostrano l’ingresso dei partigiani e degli alleati nelle città con il sole. Il mese di Aprile 1945 rimase il più caldi in assoluto fino al 2011.”

Silver non si era allontanato di molto, mi guarda ma io penso ad altro: proprio al 25 aprile è dovuta la nostra libertà e il fatto che viviamo in una democrazia: è la giornata emblema della libertà dalla dittatura fascista.

Un ruzzolio di pensieri, stamani non vado nel bosco a fare le legna, non segherò l’erba nei dintorni casa, posso crogiolarmi per un po’ sulla tastiera del computer.

La Repubblica Italiana è nata dalla guerra. Oppure. La Repubblica Italiana è nata dopo la guerra.
Una terza possibilità: La Repubblica Italiana è nata dalla resistenza.

Come uno degli Adulti Ancora A Scuola preferisco quest’ultima affermazione.

Ogni fascismo, ogni nazismo, ogni autoritarismo, ogni dittatura, ogni regime autocratico genera guerra, anzi è guerra di per sé. Anche gli autoritarismi internazionali sono fonte di guerra e le grandi potenze sono fonte di guerra. Anche l’accumulo finanziario è fonte di guerra. Dove non c’è ridistribuzione c’è odore di scontro, di guerra. Se della torta di 10 fette in pochi ne mangiano 9 fette, e per le migliaia di altri resta solo una fetta, ad ognuno va una briciola si e no.

La guerra fu imposta dalla dittatura, trovarvisi invischiati richiedeva esclusivamente una scelta. Da che parte stare? Per molti cittadini inermi e posseduti dalle burocrazie ineluttabili dello stato di appartenenza andarono in guerra perché coscritti e/o costretti. Tra quelli che scelsero, ci furono i guerrafondai e i resistenti.

Prendere le armi, anche per chi avrebbe voluto la pace, infine, divenne inevitabile.
Poi però vennero riposte: L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. Articolo 11 della Costituzione.

Altra risposta di Liberazione fu la scelta della Repubblica, contro la monarchia. Una scelta per la cosa pubblica contro uno solo al comando.

Altra risposta di Liberazione: La Repubblica italiana fonda il suo nascere sulla demo-crazia (il popolo che esercita il potere) con la divisione dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario), con la indipendenza della magistratura.

Meta è un punto dove si vuole arrivare, e se usata come prefisso che vuol significare a di là, oltre.

Fu senz’altro una scelta meta-fascista, per superare il fascismo e l’uomo solo al comando. Per esercitare la gente a parlare della politica come cosa dei cittadini, su cui discutere o disputare per scegliere.

Tuttavia le nuove scelte non furono magiche, ma furono esaltanti e furono anche portatrici di quello che si chiama progresso. Poi, s’intende, nel cammino della storia non sono solo rose e fiori.

E percorrere le strade della democrazia è difficile, perché ciò comporta che le persone debbano essere cittadini, non sudditi, e le persone per essere cittadini debbano studiare, informarsi, coinvolgersi; perché la democrazia prospera soltanto quando si superano i preconcetti, i razzismi, la divisione in serie A e in serie B, dove e quando si riconoscano diversità e equità, per maschi e femmine, per i diversi. Insomma è difficile.

Ci sono due strade, una del “chi va là!”, della ricerca continua del nemico, del sentirsi sempre minacciati e quindi del dover sempre eliminare qualcuno usando la cultura del “buonsenso” come pensiero unico, e l’altra strada è quella della ricerca del con-senso, del con-promesso (mettersi assieme), del con-prendere.

Il 25 Aprile significa stare sulla strada della diversificazione dei pensieri e delle scelte, all’interno di regole prese democraticamente a maggioranza senza offendere alcuna minoranza, distinguendo i piani del comportamento individuale e delle condotte politiche di rappresentanza. Grande sforzo in questo senso fu fatto dai “padri e dalle madri costituenti.

Il contrario si legge oggi sui mass-media riguardo ai profili dei politici: “chi entra in politica ha una personalità particolare, egocentrica e narcisistica, con la tendenza a comportamenti rischiosi che sfocia nella convinzione di essere al di sopra delle regole che vincolano le persone comuni.” Mi immagino che molti assentirebbero, ma attenzione! Sparare nel mucchio è criminale. Serve soltanto a scoraggiare la democrazia. Sparare nel mucchio è propaganda, è fake news. Per quel politico che risultasse così si deve dire il nome e il cognome, per fare un servizio alla democrazia in modo che gli elettori possano giudicale l’individuo, non il mucchio. In modo che i cittadini possano vigilare e coalizzarsi per rimuoverlo.

25 Aprile come Festa della Liberazione dal fascismo e dal nazismo. Festa della Libertà. Ci piace guardare le parole, e questa parola libertà è la traduzione di “ἐλευθερία”, eleutheria, dal greco in italiano. E ἐλεύθερος”,eleutheros, tradotto in italiano significa libero. E il concetto di libero significa innanzitutto chi agisce secondo la propria volontà, iniziativa, interesse e desiderio; la schiavitù è invece il dover agire secondo le indicazioni, i comandi, gli interessi di altri.

Quindi è piacevole dire che il 25 Aprile può essere un invito a diffidare del buonsenso e delle propagande ed un augurio a salire la scala dell’apprendimento

Serve per chiederci se e il perché le democrazie non vanno più di moda.

Tanti anni dopo il nostro 25 Aprile abbiamo capito, almeno noi AAAS, che le democrazie sono complicate, sono difficili da gestire, sono fragili, richiedono uno sforzo individuale e collettivo, richiedono fatica per difendere i diritti condivisi che abbiamo dato per assodati, perché l’uomo forte è più facile come interlocutore, meglio avere un dittatore per interlocutore (?).

Soprattutto quando le cose vanno male, e questo è un momento di quelli: crisi economica, pandemia e confinamento, la guerra di aggressione nel cuore dell’Europa, l’aumento dei costi energetici, l’inflazione che genera povertà e disperazione tra la gente, il sistema sanitario che fa acqua da tutte le parti. Il panico collettivo genera la restaurazione del capo. Un pensiero che mi corre nella mente ogni volta che rifletto sui discorsi che nelle chiacchiere del bar e dei negozi (dove ancora ci sono) la gente scoraggiata è portata a fare “… insomma ci vorrebbe che qualcuno che …   c’è poco da discutere, le cose vanno fatte per bene … noi non ce n’abbiamo uno che guarisca i mali dell’Italia … qui si va sempre in peggio … i partiti son tutti uguali …”

L’angoscia collettiva e il fascismo, cioè il regime dittatoriale, l’uomo solo al comando, sono le facce di una stessa medaglia.

Il panico, anche quello collettivo, equivale alla frantumazione del controllo democratico, e la risposta dell’algoritmo cerebrale è il tentativo di risolidificazione della società attraverso UNO sotto il quale ti sentiresti protetto.

Mentre la tastiera tramuta i pensieri in parole da lettura, qua di fronte casa, al di là del Serchio, infreddoliti, EVa Dritta e Negro Amaro, a Barga, si sono infilati dentro il bar del Bino, un cappuccino e un tè caldo per riscaldarsi e fare quattro chiacchere.

“Mi sembra che quando mi incontri pensi che io sia la tua cavia, sempre a far discorsi complicati, ma io sono un bidello semplice, non un filosofo”, fece Negro Amaro buttando a scatti lo zucchero nel cappuccino scuotendo la bustina aperta solo in angolo. Un rimo che denotava una certa irritazione.

«Ma ho detto soltanto che nel racconto della storia dell’umanità si danno guerra e pace come dati di fatto, ma esse invece sono marche ideologiche; e nella classifica millenaria vince di gran lunga la guerra, la pace recita la parte della utopia. La pace rappresenta un luogo e un periodo dove non c’è guerra. Ti va bene così?»

“Ah, mmm! Sai a Scuola in una classe la maestra ha attaccato un poster sul ciclo ecologico sulla Terra, e mentre le portavo la bottiglia d’acqua che m’aveva chiesto diceva ai bimbi: si chiama ciclo della vita o piramide ecologica, scritto accanto alla illustrazione, dove i termini che finiscono in “-vori” significano che qualcuno mangia qualcun altro.
Ecco fatto! È così, anche tra gli esseri umani c’è un mangia mangia. Ti torna?”

«Certo!- prosege EVA Dritta – L’umanità fa parte del processo ecologico della vita sulla Terra, e il funzionamento dello scorrere della vita è garantito dal meccanismo per cui il grande mangia il piccolo, il forte mangia il debole, il veloce mangia il lento …» La mano destra del Negro si leva dalla tazzina e scatta sul braccio di EVa, come preso da una irrefrenabile voglia di dire subito un’idea prima che scappi dalla mente: “Ma come abbiamo fatto noi omini, come animali, dico, a diventare i padroni del mondo e poi continuare a beccarci tra di noi?”

A quella mossa, all’EVa casca addosso un po’ di tè dalla tazza che teneva tra le dita del braccio strattonato dall’amico, lo guarda infiltrarsi su cappotto, ma pensa tanto il tè non macchia e risponde con le parole che aveva letto in un articolo su www.adultiancoraascuola.eu, tira fuori il telefonino e snocciola pari pari:

«L’homo sapiens, non essendo il più forte, veloce e grande, per non soccombere alla legge ecologica del mondo e per esser mangiato il meno possibile, ha maturato l’abilità di usare strumenti, così è diventato il dominatore del mondo. Poi, però, questo modo di fare ha continuato a riversarlo anche all’interno della sua stessa specie, verso i propri simili, e così tra gli uomini e le società umane (non mi piace in questo caso usare la parla civiltà) ha continuato a riprodursi il meccanismo del mangia mangia, del prender tutto e lasciare gli altri morire. Anche nel senso della economia finanziaria, o capitalismo.)
La morale della guerra è quella fino ad oggi saldamente vincente
. Che ne dici?»

“Si, però, la guerra non ci piace, preferiremmo continuasse la pace, non siamo per forza destinati a farci la guerra!”

Nel bar cominciano ad apparecchiare i tavoli liberi, anche se è domenica, lì da mezzogiorno in poi servono il pranzo da lavoro o turistico. E continuando di palo infrasca l’amico di EVa aggiunge: “Ormai non si porta più il pentolino per desinare al lavoro, ed è più comodo e ci vanno anche i pensionati, almeno qualche volta alla settimana, soprattutto quelli soli, le pensionate sole ci vanno meno, per non cucinarsi sempre le stesse cose, anche se devono stare attenti perché le tariffe sono aumentate con l’inflazione, da 10 euro a 12 e anche a 14 euro a chiocca.”

Lei fa finta di niente, ha finito il suo tè, con gesto di sospiro si tira su le maniche del cappotto e si mette a braccia conserte continuando a spippolare sul telefonino, ormai è diventata esperta nel leggere i blog che le piace seguire, e non curante dell’andirivieni intorno al loro tavolo, rinforcando gli occhialini rossi di montatura, insifigna il Negro con altre due frasi che legge.
L’Homo come specie ha maturato anche meta-dati, meta-pensieri. Utopie. Con meta, punto di arrivo, si identificano quelle prospettive che vedono la caduta della guerra come strategia di sopravvivenza, e immaginano una civiltà francescana di redistribuzione e di equilibrio della forza, della ricchezza e della velocità a favore di una nuova realtà pensata, ma ancora al di là (=meta) da venire, che si identificherebbe con la felicità o con la pace.

La tattica che viene propagandata, nella storia della civiltà greco-occidentale si chiama democrazia. Un meta pensiero, che ha trovato sostenitori e ha fatto proseliti, ma poiché non si basa sulla naturale meccanicità del sistema vita, trova grandi difficoltà per affermarsi nel mondo. L’ONU, le Nazioni Unite, con i loro “princìpi” potrebbero sembrare un bel passo avanti. Ma c’è ancora più fumo che arrosto.  

Nella storia dell’umanità ci sono tentativi bellissimi di far diventare la pace una realtà progressiva, ma siamo ancora all’interno del “tentare”. La ideologia della guerra è, invece, strutturale e vincente. Camaleontica, per decenni può sembrare in recessione, ma rispunta quando quelli che parteggiano per la pace e la democrazia meno se l’aspettano.

Mentre finisce di leggere, EVa, guarda la faccia di Negro Amaro, pensa di vederlo disinteressato, quei discorsi sono complicati, e invece segue e finisce per commentare: “Se me lo ricordo codesto argomento lo riferisco alla maestra e le chiedo cosa ne pensa … Dai alziamoci che qui diamo noia, vogliono apparecchiare anche il nostro tavolo, oggi in casa mia si mangiano le linguine all’astice, devo andare a farmi dare il condimento lì sul Ponte, dal Giro di Boa, da asporto gli dico!” E fa una risata di accompagnamento, mentre la rimette a posto la sedia sbatacchia contro la gamba del tavolino, ferro contro ferro.

Sul colle di Selvano, Silver si è steso al sole, in casa la tastiera batte le ultime frasi e le ultime combinazioni di tasti, scrivendo mi viene in mente una frase scritta tempo fa.
“MENTRE UNA PANDEMIA LETALE, L’INSICUREZZA ECONOMICA E FISICA E UN CONFLITTO VIOLENTO HANNO DEVASTATO IL MONDO, I DIFENSORI DELLA DEMOCRAZIA HANNO SUBITO NUOVE PESANTI PERDITE NELLA LORO LOTTA CONTRO I NEMICI AUTORITARI, SPOSTANDO L’EQUILIBRIO INTERNAZIONALE A FAVORE DELLA TIRANNIA.”